domenica 29 novembre 2020

I Shardana di Porrino

 


L’opera lirica I Shardana di Ennio Porrino affonda le sue radici nella più remota antichità della nostra isola, pur essendo annoverabile, a pieno titolo, tra le maggiori opere musicale del novecento.
Ennio Porrino, nel comporre la sua opera I Shardana (che inizialmente si intitolava Hutalabì, il grido di guerra dei guerrieri Shardana attribuito al grande poeta nuorese Sebastiano Satta) si è ispirato alla tradizione sarda in tutte le direzioni: nella musica, nella storia, nella tradizione, nei costumi e nelle scene; e nei sentimenti, nella voglia di riscatto e di ridare luce alla Sardegna, al suo popolo, alla sua storia.
Ecco un altro mirabile esempio di superamento del detestato grafo centrismo storico, che ha relegato la Sardegna e i Sardi nel dimenticatoio della storia, tra i popoli dannati, tra le genti senza voce e senza identità.
Emblematico questo brano del grande musicologo tedesco Felix Karlinger: “Ciò che in senso speciale è musica sarda può in senso lato valere come musica della civiltà occidentale, come fonte primordiale di quel retaggio dal quale furono alimentati molti secoli di storia musicale europea. Ciò che qualche ignorante deride come primitivo e barbaro, ciò che qualche sardo stesso solo con un po’ di vergogna scopre davanti al forestiero, perché egli crede che la sua musica sia troppo semplice, appartiene in realtà a quel sostrato comune dal cui seno uscirono tutti i grandi e famosi compositori del nostro continente: dal Palestrina a Verdi, da Orlando di Lasso a Mozart, Beethoven, Wagner. Ché se in un museo contempliamo con muta venerazione i resti di civiltà da lungo passate, tanto più dobbiamo apprezzare i tesori che sono contemporaneamente antichi e vivi, che non hanno perduto nulla del loro splendore, che continuano a fiorire, in dimessa semplicità e grande bellezza, in mezzo alla falsità del nostro tempo” (1958).
Non a caso un anno prima, proprio nel 1957, anno successivo alla sua nomina di Direttore del Conservatorio Giovanni Pierluigi da Palestrina, Ennio Porrino darà l’annuncio dell’istituzione di una cattedra di Etnofonia Sarda presso il medesimo conservatorio cagliaritano.
L’opera I Shardana venne eseguita per la prima volta al San Carlo di Napoli nel 1959, per poi essere replicata nel 1960 al Teatro massimo di Cagliari, in memoria del grande compositore scomparso pochi mesi prima, all’improvviso e prematuramente.
L’opera è stata poi rappresentata nel 2013 al Teatro Lirico di Cagliari.
Peccato che essa non trovi un posto stabile nei cartelloni del Teatro di Cagliari e negli altri teatri italiani. Essa contribuirebbe a ridare un po’ di lòuce alla nostra storia, alle nostre radici, troppo spesso dimenticate.
Le vicende narrate nell’opera si situano in un’epoca imprecisata. In esse si narra dei Sardi Nuragici e dei Shardana come in un sol popolo, vittoriosi sugli invasori Jonici (non meglio identificati).
A me ha colpito una cosa. Rispetto al mio romanzo “I Thirsenoisin”, di cui ho già avuto modo di parlare, i Shardana e I Nuragici, nell’opera di Porrino, vengono indicati come un sol popolo, laddove nel mio romanzo tra le due antiche etnie permane una sorta di rivalità, riconducibile a un periodo ancora più remoto, quando, secondo me, i grandi navigatori giunsero in Sardegna, incontrando la civiltà nuragica, già insediata e florida.
Mi piace quindi pensare che il periodo di ambientazione dell’opera di Porrino sia immediata successiva a quella del mio romanzo.
L’opera di Porrino mostra che il processo di fusione tra i Shardana e i Nuragici si è già concluso. Per questo possiamo parlare del popolo dei Sardi.
Si possono leggere alcuni brani del mio romanzo gratuitamente nel mio blog, attraverso il link sottostante
https://albixpoeti.blogspot.com/2020/10/i-thirsenoisin-5.html
La foto riproduce cartellone dell'opera I Shardana di Màlgari Onnis Porrino.

mercoledì 25 novembre 2020

Gigi Riva, per me, è il più grande di sempre

 


Ho stimato in gioventù tre grandi campioni: Gigi Riva, Pelè Dos Santos e Diego Armando Maradona.

Oggi è morto Maradona, El Pibe de Oro e mi dispiace. 

Tuttavia per il più grande di tutti resta Gigi Riva. E spiego perché.

Gigi Riva è stato grande in una terra, la Sardegna, dimenticata dal mondo, in una Cagliari povera e provinciale. 

E lui, il grande mancino di Leggiuno, non si è fatto incantare da niente e da nessuno.

La grandezza di un uomo e di un calciatore, va misurata anche in questo.

Pelè apparteneva al grande, immenso Brasile. Maradona è stato grande in un'epoca in cui i mass-media hanno reso più facile la sua gloria.

Ma il N. 1 resta lui. il sardo Gigi Riva. 

venerdì 20 novembre 2020

Un'emozione in più per I Thirsenoisin

 


Uno dei miei sostenitori, insegnante a riposo,   musicista  e compositore di talento, che a dispetto dell'età avanzata suona l'organo e legge più e meglio di un giovane, si è appassionato alla lettura del mio romanzo. Nel comunicarmi la piacevolezza da lui provata nella lettura, in particolare mi fa i i complimenti per la ricostruzione dei luoghi in cui ho ambientato la storia. A tal proposito mi invia una cartina redatta da uno dei suoi scolari nel lontano 1956, quando per un periodo ha insegnato nelle scuole elementari e medie, prima di divenire titolare di cattedra al Conservatorio "GianPieluigi di Palestrina" di Cagliari. 

Devo confessare di essermi emozionato nel vedere questa cartina.

Nel descrivere i luoghi di ambientazione del mio romanzo io mi sono basato su molteplici fonti scritte, sui ricordi dei sopralluoghi da me fatti nei diversi siti nuragici della Sardegna e sulla mia fantasia. La cartina inviatami dal mio lettore e sostenitore rispecchia la dislocazione da me realizzata nel romanzo per descrivere i villaggi nuragici e le città Shardana esistenti. Un'incredibile coincidenza e un'emozione in più in questa mia avvenura di crowdfunding che punta alla pubblicazione e alla diffusione del mio romanzo. Un grazie sentito a Vittorio Montis e a tutti i lettori che mi hanno sinora sostenuto nel mio progetto editoriale.

Link per prenotare il volume: https://bookabook.it/libri/i-thirsenoisin/

domenica 15 novembre 2020

I Thirsenoisin a Sapiens


Nel programma Sapiens, andato in onda ieri sera sui Raitre, Mario Tozzi attribuiva a Platone un riferimento a una popolazione tirrena (I Thirsenois vengono definiti altrove) che sembra corrispondere a quella sarda dei Shardana navigatori e dei Nuragici costruttori di torri ( Il popolo dei Thirsenoisin, per l’appunto). Mi e' sembrato un buon programma sulla SARDEGNA, condotto al di fuori del consueto, fuorviante grafocentrismo, che caratterizza da sempre gli stdi sul passato dei SARDI E SULLA LORO preistoria. Se proprio dobbiamo riferirci a fonti scritte, facciamolo con prudenza e soltanto, eventualmente, per corroborare la realtà che abbiamo sotto gli occhi (e sotto i piedi): più di settemila nuraghi, oltre duemila pozzi sacri, tremila domus de Janas , tremila tombe dei giganti e menhir sparsi ovunque. Un’ultima annotazione: non pensiamo di essere stati (e non lo siamo neppure oggi) un’etnia unica e pure. Personalmente non escludo che i Shardana siano giunti in Sardegna, dal mare, trovando una civiltà nuragica già insediata e progredita. Ciò non ha impedito ai nostri antenati di convivere e formare quello che oggi siamo: la Sardegna, con le sue diversità, ma anche con un patrimonio culturale che ci accomuna, fatto di nuraghi, bronzetti, ceramiche, pozzi sacri, tombe dei giganti, domus de janas e menhir. E per quanto riguarda la lingua, teniamoci strette le magnifiche parlate locali, che fanno parte, anch’esse, del nostro invidiabile patrimonio culturale, da difendere, salvaguardare e valorizzare. Prenotare il volume I THIRSENOISIN https://bookabook.it/libri/i-thirsenoisin/

sabato 17 ottobre 2020

I Thirsenoisin - 6

Nel romanzo “I Thirsenoisin” primeggiano le figure dei capi tribù di Kolossoi e Gisserri: Itzoccar e Hannibàal. Itzoccar è il padre di Aristea, promessa in sposa al figlio del capo tribù di Gisserri, Arca Salmàn. Il capo tribù, nella società nuragica occupa il vertice del potere. Egli è il re pastore. Volendo analizzare la sua figura alla luce degli schemi moderni della dottrina delle istituzioni politiche, diremo che il re pastore è senz’altro il titolare del potere esecutivo. Egli è infatti responsabile dell’ordine pubblico all’interno della reggia e del villaggio nuragico ed è responsabile della difesa dei confini esterni del suo regno; è il capo supremo delle guardie e dell’esercito, sia in tempo di pace, sia in tempo di guerra. Per quanto riguarda il potere giudiziario egli è giudice di seconda e ultima istanza di tutte le cause, giudica e commina le sanzioni: dalla pena di morte, all’esilio; dal sequestro dei beni del condannato, all’esecuzione delle pene nei suoi confronti. Per quanto riguarda il potere legislativo, diremo che il re pastore presiede il Gran Consiglio degli Anziani. Questo organo non ha una natura legislativa (nel senso moderno del termine); tuttavia possiamo affermare che il Gran Consiglio degli Anziani è il depositario delle consuetudini e degli usi che regolano la vita della comunità nuragica. Esso è l’unico e vero interprete delle norme dell’ordinamento giuridico nuragico. Pur non potendo creare ex novo delle norme giuridiche (ciò in quanto nella società nuragica le fonti normative di produzione giuridica sono soltanto la Consuetudine o Su Connotu, dove rientrano anche i precedenti giudiziari), il Gran Consiglio degli anziani ne è il custode più autentico e fedele. Tale organo è costituito dal Capo Tribù, che lo presiede; dal Gran Sacerdote, che affianca il Capo Tribù e lo presiede in caso di suo impedimento; ai due vertici appena menzionati si uniscono i rappresentanti più in vista delle due classi sociali dominanti: i Guerrieri e i Sacerdoti , in numero pari (di solito cinque per gli uni e cinque per gli altri). I membri del Gran Consiglio sono nominati dal Capo Tribù (su indicazione del Gran Sacerdote per i rappresentanti di questa classe sociale). Nelle votazioni, in caso di parità, il voto del capo tribù è decisivo (in realtà il voto del Capo Tribù è sempre decisivo, non essendo possibile che una delibera passi con il voto contrario del re pastore). 6. continua…

lunedì 21 settembre 2020

Il popolo delle torri

Diceva il grande archeologo Giovanni Lilliu, rivolto ai giovani Sardi: “Non dimenticate mai di chi siete figli! Ricordatevi che i nuraghi, i pozzi sacri, le tembe dei giganti e le domus de jana sono state elevate al cielo dai nostri antenati. E sono ancora qui, a sfidare i secoli e i millenni!” E’ statauna bella sferzata d’orgoglio sentire questo gigante dell’archeologia mondiale pronunciare queste parole. La costante resistenziale sarda, di cui parla il Sardus Pater Lilliu è comprensibile e ben visibile nelle oltre settemila nuraghi di cui è costellata la Sardegna e nei numerosi, fantastici pozzi sacri disseminati spesso nei loro dintorni e comunque quasi sempre presso delle fonti sorgive. Ricordo ancora la prima volta in cui visitai il pozzo sacro di Santa Cristina a Paulilatino. Quei gradini così levigati, quella costruzione così perfetta! Capii subito che il pozzo aveva qualcosa di magico! Qualcosa di sacro! Provo ancora una grande emozione ogni volta che ammiro una costruzione in pietra, sia essa un nuraghe, un pozzo sacro o qualunque altra opera megalitica nuragica o prenuragica.

domenica 9 agosto 2020

La ultima luna



Tercera escena
Canción de RUMISU

En el trono de Gonare
Muerto hace veinte años
Tomó asiento Itzocare
En lugar de mi madre


Pero ahora la verdad
Tiene que venir
Porque yo soy grande
Y ahora hay quien
me va a aconsejar!

Gente de Nure
Voy a reclamar
El cetro que pertenecía
A mi padre Gonario

¿Y quién no está de acuerdo
Debe saber que incluso allá arriba
Como acabamos de escuchar de Bithia
La luna ya no espera mas.

 (Los dos primos lucharán durante unos minutos, de acuerdo con los movimientos preestablecidos de la clasica lucha sarda llamada "Istrumpas (una especie de lucha más cercana y dura) como la lucha greco-romana". Cada fase de la lucha estará acompañada por los gritos de los presentes que formaràn dos facciones: una para Damasu, y el otra a favor de Rumisu. La lucha termìna con Rumisu que se sienta sobre el cuerpo de Damasu. Como señal de victoria, Rumisu levantará las manos mientras todavía se sienta sobre el oponente derrotado. El pueblo y todos los presentes, excepto los aliados cercanos de Itzoccar y Anù, aplaudiran al nuevo Rey Rumisu!)
Voces de la multitud.
- ¡Larga vida para Rumisu!

Voces de los soldados.
- ¡Nuestros dioses salven al hijo de Gonario!
Otras voces
- ¡Larga vida para el rey de Nure!
Rumisu (silenciará a todos  con un gesto de autoridad  y rasguerà  a su tío Itzoccar, su bastón de mando y su manto invitando a Aristea a su lado.)
- Pueda  la paz volver a Nure para siempre:  ¡Mi  comando, con a lado Aristea como reina,  se basará en las antiguas leyes de nuestros padres!
Aristea (ocupando el centro de la escena)
- No, Rumisu! ¡Es por esas antiguas leyes que estoy enamorado de Iolao! (Iolao se une a Aristea). No estoy enamorado de ti, ni amo a Damasu. Las mujeres no son regalos de ganar mediante guerras como mantos o cetros. Las mujeres son presas del amor. !!!!!!
https://idiomalatinos.wordpress.com/2020/08/09/la-ultima-luna-2/

mercoledì 5 agosto 2020

Su viaggiu de Bachis



ATTO TERZO
(Vent 'anni dopo)


SCENA PRIMA


(Accampamento dell 'esercito aragonese fuori dalle mura del castello di Eleonora)
11 Comandante in capo, il Generale Don PrimeroAlicante è disperato. Ha la barba lunga e il viso stanco di chi ha alle spalle lunghe notti insonni. La scena lo coglie seduto. Dal tavolino da campo che ha davanti prenderà una pergamena.


DON ALICANTE - Hoi lompidi de Barcellona su principi Martinu di Aragona! Ita di contu, ca ancora no seu arrennesciu a conquistai su castellu di Eleonora! Chi si du spiegada a s'Altezza Sua che cussa femia è prena de trampas in battalla, asotada e furiosa! (Torna a sedersi gettando sul tavolo la pergamena) E is sodrausu de s'esercitu sardu? Unu de issusu ndi balli dexi de i miusu!
 (Si rialza e riprende a camminare nervosamente) Toccada a dus'essi biusu in batalla! Ge mind'anti motu unu de sodrau, tanti! E is chi no funti motusu in guerra, du~di sterminausu sa malaria.... Maladitta siada! E maladitta custa
terra puru......


SCENA SECONDA (Detto, Don Alonso e Martino d 'Aragona)

 Entra una guardia aragonese trafelata



 GUARDIA ARAGONESE
 Oh Su Generali - Su principi Martinu è giài innoi


DON ALICANTE - (Si alza di scatto; entra Don Alonso e subito dopo Martino d'Aragonal
11 Generale Primero Alicante si getta ai suoipiedi baciandogli le mani)
 Maestadi....


PRINCIPE MARTINO - (gli accarezza la testa) Valorosu generali de i mellus di Aragona, ite novidadisi duncasa?


DON ALICANTE - (con voce sommessa) Maestadi , ancora no ci d'eu fatta! Eleonora s'adi respintu ancora..

MARTINO - (che nel frattempo si era seduto, pesta un pugno sul tavolo) Sangui e Moti !
D' ognia viaggiu cun sa speranzia de intrai in su Castellu di Eleonora, de bi is colorisi de sa bandiera di Aragona Nostra..... Ma immui bastada: cust' ota deppu intrai in gussu castellu, de biu o de motu! (Guarda il suo Primo Ministro con aria interrogativa)

 DON ALONSO - (A don Alicante) Cantu sordausu nos aturanta?

DON ALICANTE - Dusu o trexentusu, Eccellenza! E funti maladiusu, disgustausu, asustausu! Custa Eleonora est una bruscia: adè ì si fai guerra cun is ominisi e a su notti s'allèada cun is tiasu....

.MARTINO - Mancai fessidi alleada cun totu is aramigusu de s'inferru! No potzu torrai a domu battiu po una femmina. Depu intrai in su Castellu di Eleonora a costu de ndi bittì innoi tottu s ‘ esercitu de Aragona!

DON ALONSO - Maestadi, sa corona è sempri prusu sbuidada de is spesasa po sa guerra:
(compitando con le dita) guerra ais arabusu, guerra mei aftica, guerra ais portoghesusu, guerra ais franzesusu.... (fa una pausa) però.... (si tiene il mento nella mano con fare meditabondo)

 MARTINO - (impaziente) Però? . ?

.DON ALONSO - Si mi pennittidi , maestadi, u modu po conquistai su castellu de Eleonora ci adessi puru! E senza e trumentai troppu...

.MARTINO - (Illuminandosi) Fuedda allestu, intzandusu!

 DON ALONSO - Maestadi (si siede imitato dagli altri due) Eleonora esti una femmina sola e....bella puru! Pru de bint'annusu sola e in guerra cun nosatrusu, podeusu beni pentzai chi issa, su fillu Barisone e tottu su populu sardu sianta bastanti arrosciusu de sa situazioni e disiginti unu pagu de assebiu, finalmenti...

MARTINO - E cun custu ita iasta bolli nai?

DON ALONSO - Ollu nai ca unu populu in guerra,  cicca sa paxi e una femmina sola,ì disigiara un' omini a su costau (lo guarda negli occhi enigmatico)

MARTINO - (pensieroso) Un omini a su costau di Eleonora?

DON ALONSO - Ma un'omini dignu di essi a su costau de sa regina (con un gesto eloquente)
unu principi bellu e giovanu, po fai s' esempiu.

MARTINO - (alzandosi in piedi con entusiasmo, subito imitato dagli altri due) Immui ti cumprendu, mraxai de coti! Custusu fueddusu hant'essi po tui om e argentu! S'intreghinti i missusu de paxi a Eleonora regina, cun sa bandiera di Aragona e presentisi dignusu de sa persona reali Sua cun sa pregunta de coja de pati nostra!

DON ALONSO - (allegramente) Had' essi fattu luegusu, Maestadi!

DON ALICANTE - ( Anch 'egli risollevato) Maestadi, eccellenza! Meda beni pentzau (bacia le mani devotamente a antrambi) Deu salvidi su principi de Aragona, futuru rei de Sardigna!

MARTINO - Deu salvi su rei e su populu di Aragona (escono di scena prima Martino, don Alonso, don Alicante e la guardia aragonese)

 

 

 

SCENA SECONDA

(L'alba nel castello di Eleonora) La scena è quella dell' atto 1 o scena seconda. Eleonora è affacciata ad una finestra e guarda verso l' orizzonte. Barisone ed Eleonora.

BARISONE - Mamma, regina amada, cali’ pentzamentusu ti fainti aicci preoccupada?

ELEONORA - (affettuosamente voltandosi verso suo figlio)
Unu surrungiu in su com m' anti lassau is bisusu de nottesta

BARISONE - (scherzosamente) E it' asi torrau a bisai nottesta?

ELEONORA - (sforzandosi di sorridere) Sempri su propriu, fillu miu.

BARISONE - (adirandosi un poco) Ancora cussu?...
.
ELEONORA - (come in trance si stringe il figlio al petto) Ancora cussu fmmini arrubiu e tui assolu bistiu de nieddu.

BARISONE - (divincolandosi, in tono deciso quasi adirato) Deu inveciasa t' appu sognada bistida de biancu..

.ELEONORA - (stupita quasi allegra) Bistida de biancu deu?

BARISONE - (sempre più convinto) Tui, mamma! Ascuta: i missusu de Martino de Aragona funti lompiusu in Castellu ariseusu, e portanta scedasa de paxi.

ELEONORA - (In tono cautamente allegro) Anti pottau ainnoi sa bandiera bianca de sa paxi7 l Mi oisi nai ca is Aragonesusu rinuncianta a conquistai su regniu sardu?

BARISONE - Sa bandiera tenidi is colorisi de su regnu de Aragona! Su colori biancu è de su bistiri chi Martinu ti oli fai incingiai.

..ELEONORA - (in tono malinconico e nostalgico) Su bistiri biancu deu d' appu incingiau cun babbu du! Pru de bint'annus faidi..

.BARISONE - (reagendo) E ancora oi bivisi de is arregodusu de unu rei chi non c’e prusu?
Chi non c'esti mai stettiu? A mei non ci penzasa? E a su populu? (con foga) Seusu bint'annusu, in guerra cu is Aragonesusu. Custa coja è s'oportunidadi de d'accabbai cun i mottusu e de pentzai finalmenti ai biusu. (afferrando la mamma per le braccia) Deu ollu incomintzai a bivi, mamma!

ELEONORA - (con un sospiro di rassegnazione)
Tre botasa settannusu non funti ancora passausu de candu maridu miu è patiu! Ancora màncada unu mesi, trinta disi, po fai bintun'annusu! Intzarasa sa promissa mia de d'aspettai no ara bali prusu...

BARISONE - (con un sospiro di assenso) Sia fatta sa volontadi tua regina! Ma in s'interi accetta is presentisi chi Martino t' ha mandau e dona a su populu sa speranza de sa paxi

ELEONORA – S’ ia donau su bandu a tottu su populu de su regniu,  ca si aintru e unu mesi Bachis sposu miu no adessi torrau s'ada fai s'alleanzia cun su nemigu po mesu de sa coja de sa regina cun su principi Martino!

BARISONE - (come se proseguisse il discorso della mamma) E po chi torridi luegu sa speranza sianta tre disi e tre nottisi de festa de oi finzasa apparigau

ELEONORA( uscendo seguita da Barisone )
Aicci siada ordinau a su bandidori nostru!
.

 

 

 

 

SCENA TERZA

(Bachis in viaggio di ritorno. Il re viaggiatore ha la barba lunga e uno zaino sulle spalle. Appare stanco ma la sua voce è profonda e sicura)

BACHIS
Settanusu fia viaggendi
Po montis e po marisi
Candu me in d’unu boscu
Propriu in mes’e sa bia
Accant’e scurirai
Si parada unu mostru
Fueddendi bogaiada
de bucca e de xorbeddu
in pari a fogu e fiamma
Su sighenti fueddu:

:''Bachis du sci tui ca d' onnia propriedadi
boghesit su confini mulleri tua, maestadi?

D’appu afrusau allestu,
impavidu a gherrai
detzisu a du bocci
pro podi continuai.

Ma donàimi cunfiantza
Luegus  di gherrai
giai chene una sperantzia.
da biesit trasformai,
No fia pru’ bestia mala
ma linda picciocchedda
ch'in manu aguantaiada
una frore bellixedda

Àicci fu superada
sa prima grandu prova
Po sa segunda
Sceti si ollu nai
Ca in d' una di' e tempesta
in d' una grutta passada sa foresta
aspettendi deu fia
su tempu bonu
.Candu una luxi  a forma de candela
sustentia pro invisibile persona
allesta da biemu diventada
un angelu cun cara di vinosa
chi bobendi mi fadìa presenti
de un’atra frori luminosa

Ma nantis chi acabessi
Cun s’urtima conquista
In sognu biu coiada
Eleonora disigiada

A  su  nimigu furisteri
chi adessi a mei pigau
poderi, beisi
e amori  carignau!

 (Si ode in lontananza il suono del tamburo del banditore  che arriva.)
Bachis, riprendendo a camminare, completa il suo racconto.)
De intzaras fintzasa ai gustu momentu
camminu chene mi frimai
su coru prenu d' onzi peus turmentu
de su castellu luegus arribai.
...


SCENA QUARTA
(Bachis , che ha avvertito  il suono del tamburo del banditore che si avvicina , si nasconde per udire, inosservato, l'editto)

BANDITORE-
 Ascutai sa genti, benei ainnoi, fuedd'eu presenti,
po contu di Eleonora e Barisoi.
In d'ognia villa e in dognia sattu
Po sa coia di Aragona cun Eleonora
Tre dis de festa po regali attu
Si donada a su populu de hora!

                   Si dònada a su populu de hora
                   Hoi, cras, pustis po sa coia
                   Di Aragona cun Nostra Eleonora
Sia' festa, cantu e ballu, chene noia!


BACHIS(attraversando la scena  in un momento in cui il banditore è di spalle. )
No seu lompiu a tempusu! Femmina malaitta!Mi d'hasa pagai, tui, e s'omini chi ti se pigau!

BANDITORE (concludendo l'editto)
Si aintr'e de unu mesi
Torrau no sia Bachisiu rey
Ascuta  totu a chi ci sesi
Benei sa genti a mei!
(Si allontanerà con il rullio del tamburo che si udrà in lontananza)




SCENA QUINTA
(Bachis e un pastore)

PASTORE (consegnando a Bachis un agnello)
Piga de su cumone sa mellus qualidadi, po sa coia de Nostra Eleonora
Po antigu auguriu de prosperidadi , assotau s'omini a chi si giaidi!

BACHIS (prendendo l'agnello, mentre il pastore esce di scena)
Andeusu a biri sa cara de s'isposu chi dognia cosa mia m'ind'a pigau, e fintzasa in su lettu s'è croccau!



FINE DELL'ATTO TERZO



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lunedì 13 aprile 2020

Gigi Riva e sa Natzionali


M'arregordu ca  in su 1970 si disputesit su Campionau Mondiali de su Futbol, in Messico. In sa squadra de s'Italia giògada intzarasa mitadi de su Casteddu e Gigi Riva potàda sa maglia n. 11.
Deu a Riva,  d'hia biu gioghendi a su stadiu Amsicora, innui mi bitìada fradi miu Marinu, su spacciau, ca mi obìada su beni de su mundu e m'arregolliada a mari cun amigus e a baddai, in giru po is clebbixeddusu da sa provincia, anca sonànta is cumplessinusu e si cuccàda (fradi miu m'hiada contzillau de istringi is pivellasa, ballendi i lentusu, ch'intzarasa fianta "Senza luce", "L'ora dell'amore", "Child in time" e atrus ancora, poita  a is feminasa praxiada aici).
A s'hora deu tenìa sexannusu. Ma femu contendi de Gigi Riva e de su stadiu Amsicora.
A su dominigu, candu giogàda su Casteddu si patìada de bidda a facc'e' sa una e mesu(ma de sa provincia de Nugoro e de Tathari patianta ammengianeddu chitzi, cun su proceddu arrostiu, su casu marzu e su binu nieddu in sa betua), po essi ingunisi a is duasa, duasa e mesu. Sa partida inghitzada a is tres oras.
M'arregordu candu ci fiada una punitzioni, fintzasa a trinta, cuaranta metrusu de sa porta avversaria. Gigi Riva si piatzàda su palloni; calàda unu silentziu in totu su stadiu.
Gigi pigàda sa mira e apustis s'affraccada; fiada cumenti chi totus is animas casteddaias e sardas presentisi spingessinti cun sa fortza de sa voluntadi insoru,  sa boccia chi Gigi Riva hiada piatzau;  su portieri e is terzinus de sa barriera si tremianta i' mudandads; sa castangia de Gigi Riva fìada u razzu capassi de segai una camba, sfundai is pitturras o de sfasciai sa conca de un homini. E candu sa boccia intrada in sa porta, sbentiendi a  sa reccia, unu tzerriu si pesàda fintzasa a ceu! Gigi Riva parteneciada a ingui, a su xeu, fiada u deusu de su palloni cabau in terra po s'arrescatu e sa gloria de is Sardus e de su Casteddu!
Po meritu de Riva (e de Rivera, chi di ponìada sa boccia in conca e in su pei mancinu) s'Italia lompesit a sa finali, apustis de binci s'epica batalla cun sa Germania: 4 a 3 me is supplementaris!
Ma sa finali fu trista: sa copa Rimet da bincesit su Brasili.
Nosu tenestusu unu deusu de su palloni, ma cussusu ndi tenianta undixi!
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sabato 8 febbraio 2020

I mali della giustizia italiana


In questo periodo molti, anche tra gli addetti ai lavori (magistrati e avvocati, ma non solo) si interrogano sulle cause dei mali che affliggono la giustizia italiana.

E' troppo facile, perfino superficiale, attribuire tutte le responsabilità alla nostra classe politica, che sicuramente non ha brillato né in lungimiranza, né in capacità organizzativa. 
Il problema della giustizia italiana, a mio parere,  nasce subito dopo le grandi riforme degli anni settanta; quelle che hanno spianato la strada al riconoscimento, e alla conseguente rivendicazione in giudizio dei relativi diritti. 

La classe politica italiana, del decennio successivo, quella degli anni ottanta, non è stata all'altezza della situazione. Forse era ancora sotto choc per l'uccisione dello statista Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse e, probabilmente, si sentiva in pericolo e si è barricata nel Palazzo, pensando  a salvare la propria pelle dai terroristi  delle B.R.; e l'ultimo dei suoi pensieri era l'organizzazione e il funzionamento della giustizia. E poi, mi pare che quelli fossero gli anni "della Milano da bere" o sbaglio? La classe politica era in tutt'altre affaccendate.

Negli anni novanta, quel poco di classe politica valida, sopravvissuta a Moro (in questo le B.R. sono stati chirurgicamente precise, uccidendo il migliore tra i democristiani, l'unico politico italiano che avrebbe potuto portare l'Italia nel mondo del terzo millennio), è stata spazzata via da Mani Pulite.

Occorre rileggere tutta la nostra storia, dal maggio 1978 ( o se vogliamo, anche solo dal 1992 )in poi prima di mettere ancora mani alla giustizia.

 Si tratta in realtà di riformare tutto lo Stato, a cominciare dai rapporti tra la magistratura e la politica: due organi che fanno parte dello stesso organismo, non possono essere perennemente in conflitto.

Può forse una mano accecare l'occhio? O un piede andare a destra, e l'altro in direzione opposta? Può forse il fegato oppure i reni decidere di svolgere una funzione contraria a quella per cui sono deputati?

E' proprio quello che è successo con Mani Pulite. Una parte dello Stato, la magistratura, ha deciso di demolire un'altra parte dello Stato, la classe politica, colpendo senza pietà i vertici dello Stato. 

I risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Che sia chiaro:io non intendo assolvere i politici corrotti e condannare i giudici che li hanno sbugiardati e ridicolizzati, mostrando all'opinione pubblica le loro malefatte, la loro ingordigia, la loro protervia.

Nessuno mi ha costituito giudice per face una cosa del genere.

Io cerco di fare semplicemente un'analisi corretta di ciò che è accaduto. Lo Stato è come un organismo, un corpus composto da tanti organi, che devono collaborare e coordinarsi, per il bene di tutti.

Questo corpus comprende anche i comizi elettorali, il popolo elettore, il corpo elettorale. E anche su quello avrei da fare importanti osservazioni. 

Per adesso chiederei alla magistratura di tornare a scrivere sentenze, interpretando correttamente le norme giuridiche. Basta riflettori e telecamere puntate sulla giustizia.Basta coi magistrati protagonisti in TV. I magistrati tornino nelle aule di giustizia e svolgano, diligentemente, il ruolo che gli assegna la Costituzione.

Ai politici chiederei delle altre cose. Ma di questo vorrei parlare e scrivere un'altra volta.

1. continua...