venerdì 1 agosto 2025

Memorie di scuola

 

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Seconda Elementare
Anno scolastico 1961-1962

In seconda elementare ci aspettava il fiocco celeste.

Invece a novembre arrivò la piena del fiume Mannu. La nostra casa, con negozio annesso, fatto di mattoni crudi (il famoso mattone chiamato in Sardo “ladiri”, un composto a crudo di argilla frammista a paglia), fu invasa dall’acqua.

Ricordo ancora la notte che le acque del fiume invasero la parte bassa del paese: una fila interminabile di ombre, più che di persone, di ogni età, una dietro l’altra, si recavano in processione verso la parte alta del paese; la notte avremmo trovato rifugio nell’asilo comunale di via Renzo Cocco (magistrato e  illustre compaesano); io ero con mia madre, che aveva in braccio mio fratello Alessio e che forse era già incinta di Gioachino (con Pina sarebbero stati gli ultimi tre figli di una catena di undici anelli, nati nell’arco temporale di 22 anni); gli sfollati invocavano San

Biagio (il santo patrono del paese), ma anche Santa Barbara e  San Giacomo (protettori, in coppia, delle genti sotto la tempesta),  qualcun altro invocava  sant’Isidoro; mia madre era devota della Madonna ed alle sue cure si affidava con fiducia e devozione anche in quell’occasione, come tante altre nella vita (comprese le ultime tre maternità, severamente sconsigliate dai medici ma da lei volute con assoluta convinzione), così intonò con le pie donne del paese l’Ave Maria in Sardo (Santa Maria, mamma de Deusu, prega po nosatrus peccadoris…).

E mentre pregava mia mamma, allora  incinta del penultimo dei miei fratelli  e con in braccio il terzultimo, guidava i più piccoli di noi verso l’asilo (uno dei ricoveri allestiti per gli sfollati, che si trovava appena sopra il cinema di Vittorio, dove la domenica gli uomini, con 100 lire e i ragazzi con sole 50 lire potevano assistere alla proiezione dei film  di Ursus, di Ercole o di Ringo prodotti a Cinecittà; oppure a quelli di Joselito o di Cantinflas, freschi dal Messico, ma doppiati in lingua italiana).

Mio padre, come tutti gli uomini, era rimasto indietro, aiutato dai figli più grandi, per salvare il salvabile.

Tra il salvabile mio padre aveva incluso, oltre alla merce e agli attrezzi da lavoro, messi al sicuro nel piano superiore della casa, anche le galline, che allora erano ospitate nel pollaio dello sterminato orto che si estendeva dietro la nostra casa (cinque dei miei fratelli vi hanno in seguito edificato ampie case singole, con annesso giardino di 300 mq; ed esiste ancora la vecchia casa padronale, con 400 mq di giardino annesso).

Ma purtroppo le galline morirono tutte; mio padre tentò di cucinarle, spacciandole per galline di macelleria, ma il loro sapore era così disgustoso che dovette mangiarsele praticamente da solo, perché  tutti ci rifiutammo di mangiarle; per punizione ci cucinò le fave ” a macco”, delle orribili fave secche, cucinate con bietola selvatica che a me non piacevano per niente (solo venti anni dopo scoprii di essere carente di un enzima, il G6PD  mi pare, che praticamente mi rendeva fabico, intollerante alle fave, con pericolo di morte in caso di consumo).

A salvarmi dalla carne delle galline morte annegate e dalle fave a macco ci pensò il Comune.

Per alleviare le famiglie colpite dal disastro ambientale i bambini di seconda elementare furono avviati in una sorta di colonia invernale organizzata a Giorgino dalle ACLI. Fu lì che conobbi il maestro Aventino Serra.

Il maestro Serra ci voleva bene. Era un vecchio maestro, di quelli di una volta.

continua...

mercoledì 16 luglio 2025

La cultura e la lingua sarda non devono morire


La mia commedia in lingua sarda campidanese "Oy Puru" è posizionata al trentaquattresimo posto della sezione "Drammaturgia" di Amazon(tra due giganti come Shakespeare e Artaud https://www.amazon.it/gp/bestsellers/books/14762118031/ref=pd_zg_hrsr_books ).
“Oy Puru” è la storia di Fellicettu Mesu Barra, un sardo alla vecchia maniera e di suo figlio Alberto (un giovane sardo che parla ormai metà in inglese e metà in italiano, ma si rifiuta di parlare in sardo). I due ovviamente non si capiscono. A complicare le cose ci sono la moglie di Fellicettu, Rosaria, che condivide le scelte del figlio Alberto e la figlia della coppia, Gratziella, che invece segue le tradizioni del padre. Non mancano le scene esilaranti, soprattutto a causa della barriera linguistica che sembra separare genitori e figli. Altri due personaggi importanti sono Antoixeddu Su Streccau, inizialmente spalla di Fellicettu nel cabaret e poi comprimario nella presente commedia; infine c’è Marieddu, il messo comunale, innamorato di Gratziella. In tutti e tre gli atti della commedia sono assicurati le risate che suscitano questi personaggi, modesti e allo stesso tempo grandi; antichi e moderni, ma pur sempre attuali. Questa commedia ha avuto una gestazione difficile e curiosa allo stesso tempo. Ne ho ritrovato i frammenti iniziali pochi anni fa, mentre riordinavo il mio archivio cartaceo, onde fare un poco di spazio e pulizia. Questi frammenti manoscritti risalivano agli anni ottanta del secolo scorso. All’inizio non avevo intenzione di continuare nella scrittura e pertanto provvidi a pubblicare questi frammenti in un volume dedicato al Cabaret in lingua sarda (il famoso “Cabarei”). Poi non ricordo come, mi venne voglia di dare più vita e più spazio a questi vecchi personaggi e così è nata questa farsa che oggi vede la luce in formato rinnovato e solitario (nel senso che per la prima volta viene pubblicata da sola e in un formato cartaceo tascabile).Alla fine del testo, in appendice, il lettore non sardofono troverà un glossarietto minimo che lo aiuterà a capire i termini più difficili utilizzati nella commedia.
Seguitiamo a diffondere la lingua sarda, senza mai montarci la testa, ma con la consapevolezza che la diffusione della lingua e della cultura sarda, è a nostro carico. Non vogliamo che la nostra lingua muoia, ma che sopravviva per sempre. Come merita.

domenica 13 luglio 2025

El Nuevo Cancionero

 

https://www.libraccio.it/libro/9788833438498/salvatore-ignazio-basile/el-nuevo-cancionero.html

El sol sobre las Cinco Tierras-

Yo sé que tú estás allí

donde el sol brilla

sobre las Cinco  Tierras

mientres  las vueltas del mar

se quedan susurrando en la orilla.

Yo lo sé

porque tanto me dijiste sobre ellas

y sé que tu has ido para allí

por siempre

Aunque cuando tu lavaste mis pies, ese día en Londres,

¿te acuerdas? Yo no entendì

 pero ahora yo sé, quien tu  fuiste,

yo sé quién tu eres,

allí , donde el sol brilla,

sobre las Cinco Tierras.

lunedì 7 luglio 2025

El Nuevo Cancionero

 

https://www.unilibro.it/libro/basile-salvatore-ignazio/el-nuevo-cancionero/9788833438498


Mi Mantra

Mi mantra me lleva lejos

fuera de las diarias fronteras

del espacio físico circundante:

y me parece tan diferente y engañosa

la concepción ancestral del mundo,

cuando la mente se establece

en puntos indistintos sin forma y sin  color

ahora ahogando en ellos, felizmente inconsciente,

y persiguendo las golondrinas

a lo largo de los pasillos de sonido

que ellas trazan por  el aire,

perdido en sus  cantos

que nada explican al intelecto humano

y  todavía aligeran su mente inquieta.

Y mientras el mundo recupera

sus formas habituales,

una duda resurge lentamente a la superficie:

si no fuera mejor para nosotros descubrir

cómo estamos conectados a la naturaleza

antes de buscar nuevos mundos,

remotos y distantes!

En Cerdeña 1985

 

Su mantra

Su mantra de s’anima mia inchieta

Mi pòtada attesu

Aforas de is lacanas connotas

De su spatziu fisicu arredeu

Y mi paridi diferenti e trampadora

S’idea antiga de su mundu,

candu sa menti s’istanziada

in puntus indistintus

chene forma, ni colore,

a trattusu affoghendi in issus,

diciosamenti dissestadu

sighendi is arrundibisi

me is arrastrusu de sonusu

ch’issas imprentanta me in s’ aria

perdiu me is cantus

ca nudda spieganta a sa humana intelligentsia

eppuru alligèranta

sas mentis inchietasa!

E in s’interi ca su mundu

Tòrrada a pigai

is formas connotas

Un aèrru appìllada apagu:

chi no sìara mellusu po s’omini

scoberri cumenti siausu armìnzusu

a sa Natura

nantis de xicai mundu’ nousu

remotus e tejànus!

 


domenica 29 giugno 2025

El nuevo Cancionero




 "Il Nuovo Cancionero è diviso in due parti; nella prima si trovano ventidue poesie in due diverse lingue: castigliano e sardo. Le poesie sono state composte in un periodo di tempo che va dagli anni settanta del secolo scorso fino ai giorni nostri. La seconda parte è una commedia musicale intitolata "Afuera los Sardos" che è stata rappresentata a Madrid e a Cagliari nel 2011 con grande successo. È la storia di un amore contrastato tra Rosina, una sarta di umili origini e Felipe, figlio del viceré spagnolo, che si stabili' a Cagliari nel XVII secolo al posto del Re di Spagna (che all'epoca possedeva mezzo mondo, Sardegna compresa). Rosina lavora nel palazzo del viceré, come sarta della madre di Felipe, Marguerita de Sette Fuentes, una nobile sarda sposata con il viceré Sangermano. Il padre di Rosina, Lazzarino, vuole espellere gli spagnoli dal Castello di Cagliari, dove al tramonto, sono gli spagnoli che espellono i sardi, per paura che, durante la notte, scoppieranno disordini ai danni degli spagnoli, come è successo qualche anno prima con il predecessore di Sangermano, ucciso da un sardo di nome Brundu. È per questo motivo che all'inizio della commedia si sente un clacson che annuncia "La chiusa delle porte" e i sardi si obbligano ad uscire dal castello con il grido "Fuori i sardi"...

Ma quando Lazzarino e il suo complice Boricu, leader dei rompiballe sardi, chiedono aiuto a Rosina per rapire Filippo, Rosina si rifiuta e rivela il suo sentimento per il figlio del viceré. Alla fine la rivolta fallisce miseramente e sarà Lazzarino a scegliere di morire, a pagare le conseguenze dei fatti. Tuttavia benedirà l'unione di sua figlia Rosina con il figlio del viceré. I due innamorati, aiutati dalla madre di Felipe, si sposeranno e coroneranno la loro storia d'amore.
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EDITRICE RIGOROSAMENTE NOEAP
DISTRIBUTORE ESCLUSIVO LIBRO CO. ITALIA -Firenze-.

giovedì 12 giugno 2025

Memorie di scuola

 

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Il mio maestro mi apprezzava molto; me lo dimostrava quando, a fine mattinata, mi assegnava la tessera del refettorio scolastico comunale di qualche bambino titolare che fosse risultato assente a scuola. Allora, anziché rientrare a casa, me ne andavo alla mensa comunale: con quella tessera mi spettava un pasto completo: la pastasciutta la saltavo perché sembrava un impasto di colla; se c’era la minestra di riso oppure il minestrone, invece, lo mangiavo volentieri; scartavo anche la fettina, che assomigliava spesso ad una suola di scarpa e le uova sode, che all’interno si presentavano con un colore verde-giallo poco rassicurante; neanche il formaggino, a volte striato di verde sotto la confezione, mi attirava. Ciò che mi attirava di più erano certi panetti di marmellata di una nota casa svizzera: delle vere leccornie!!! Quella confezione da sola valeva il mio viaggio alla mensa scolastica.

Quando mi vedeva in piazza, il mio maestro, mi mandava al tabacchino a compragli le sigarette. Fumava le Alfa; sul pacchetto bianco spiccava infatti una lettera Alfa dell’alfabeto greco dal colore rosso. Da grande ho scoperto che quelle sigarette facevano letteralmente schifo, peggio anche delle Nazionali senza filtro; o forse ero solo viziato dalle Esportazioni con filtro e dalle Diana che scroccavo, di nascosto, a mio padre e ai miei fratelli. Mi dava centocinquanta lire e mi regalava le venti lire di resto. Era il suo modo per dimostrarmi la sua simpatia ed il suo apprezzamento per l’impegno scolastico. Quel ventino dal colore di bronzo mi rendeva felice e correvo subito a comprarmi delle caramelle e un cono di zucchero da dieci lire. Ma se si era a Carnevale allora mi compravo una maschera da cow-boy con l’elastico ai lati (la seconda scelta era la maschera da indiano Sioux) e un pacchetto di coriandoli.

Quando pioveva, la strada per raggiungere la scuola diventava una pozzanghera. I marciapiedi non esistevano ancora al mio paese e le strade, per la maggior parte, non erano asfaltate. Mio padre mi regalò un paio di stivali di gomma affinché non restassi con i piedi bagnati tutta la mattina e non rovinassi le scarpe (che comunque non erano certo le scarpe da passeggio che si usano oggidì).

Ricordo che il Comune distribuiva alle famiglie dei bisognosi delle scarpe. Io mi ritenevo fortunato: la mia famiglia, pur essendo assai numerosa, era considerata benestante. Anche se mio padre ripeteva che i veri ricchi erano i proprietari terrieri che risultavano sconosciuti al Fisco e non presentavano neppure la dichiarazione dei redditi. Mio padre era un commerciante; uno di quei grandi uomini che, nel loro piccolo, con inenarrabili sacrifici e tanto lavoro, hanno contribuito a ricostruire l’Italia distrutta dalla guerra. Lui però rimpiangeva la vita militare e i gradi di maresciallo che aveva abbandonato, con stipendio sicuro, malattia e ferie pagate. Malediceva sempre il governo che, non ho mai capito con quale diabolico stratagemma, lo aveva convinto a cancellarsi dagli albi degli artigiani (lui che aveva le mani d’oro di orologiaio) per convincerlo a divenire un commerciante.

Col senno di poi, capisco però che con quel capitale che aveva immobilizzato nel negozio (tra oreficeria, gioielleria, articoli da regalo, sveglie e orologi) a quei tempi, quando i titoli di stato spuntavano un tasso annuale del 15%, avremmo potuto vivere di rendita. Ma la generazione di mio padre (ed il suo carattere fondamentalmente onesto, unito alla mentalità biblica del piacere-dovere di guadagnarsi il pane col sudore della fronte) era fatta di una tempra dura, tutta casa e lavoro. Sarebbe stato impensabile mangiare senza lavorare.

Ma il boom covava sotto le ceneri dell’Italia distrutta dalla guerra. L’Italia, in quegli anni, gettava le basi per la crescita enorme che sarebbe passata alla storia con il nome di “boom economico”.

martedì 27 maggio 2025

Sa coja proibida

 



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Sa  coja proibida

Personaggi

Raimundu Muliaches = capo degli orrolesi

Maria Piras= moglie di Raimundu

Iroxi Muliaches = figlio adottivo di Raimundu Muliaches e di Maria Piras

Chircantoni Bonu= Braccio destro di Raimundu Muliaches

MariAngela e Bruna= cameriere in casa Muliaches

Bartolomeo  Fele= capo dei Nurresi

Adelasia Zizi =  moglie di Bartolomeo

Leonora Fele= figlia di Bartolomeo  Fele e di Adelasia Zizi

Baillu Carcangiu= Braccio destro di Bartolomeo Fele

Giuanni Devotu= giovane pastore bittese innamorato di Leonora

Don Siraxiu= Parroco di Nurri,  confidente di Adelasia

Bissentica=vecchia cameriera vestita di nero dei Fele

Mialina=giovane cameriera aiutante di Bissentica

Gonaria= cuoca in casa Fele bene in carne

Invitati alle feste

Tre giocatori alla Morra in osteria= amici di Giuanni

 

 

 

 

Breve Sinossi: L’azione inizia alla vigilia di Ferragosto in un periodo indeterminato del secolo ventesimo, tra la prima e la seconda guerra mondiale e si conclude a settembre dello stesso anno tra Nurri e Orroli, nel bosco de “Sa Penitenzia”, a metà strada tra i due paesi. Due famiglie rivali concordano un matrimonio per la pace. I Fele di Nurri hanno una figlia Leonora e decidono di darla in sposa al figlio dei Muliaches, Iroxi. Nessuno sa che essi lo hanno avuto in segreto da un convento dove il bimbo era stato affidato dalla mamma, una ragazza madre di Nurri che ha partorito in segreto. Questa ragazza è Adelasia Zizi, moglie di Bartolomeo Fele. Il giorno del fidanzamento Adelasia riconosce la bisaccia nella quale aveva riposto il suo bambino con sette monete d’oro, come compenso per le suore del convento. Per evitare l’incesto Adelasia con l’aiuto del suo confessore don Siraxiu convince Giuanni, innamorato da sempre di Leonora, ad interrompere le nozze, opponendosi al matrimonio. Adelasia sceglierà di morire per espiare il suo peccato e mantenere la pace faticosamente raggiunta.

 

 

 

 

 

 

 

 

Scena Prima

(Nella scena Prima tziu Raimundu Muliaches canta la sua aria. La scena appare essenziale. Due porte ai lati. Un tavolo e quattro sedie al centro. Una caraffa di vino e alcuni bicchieri adornano la tavola).

 

Po sa paxi

(Aria di Basso/Baritono)

 

Appu passau una vida intera

In gherra cun cussus de Nurri

E immui chi seu becciu

Bollu portai sa paxi

In su coru miu e po sa genti mia de Orroli

Alloddu,  bastasa cun sa disamistade

Bastasa de bardanasa e furas

Mostamos  Orrolesusu sa balentia

In su traballu e in sa paxi!

 

 

 

 

 

Scena Seconda

(Entra in scena tziu Bartolumeu  Fele)

 

Tziu Bartolumeu: ‘Eni nau, Raimundu! E po passai de su nau a su fatu c’hiad’ a  bolli una bella festa apaxiadora!

Tziu Raimundu: Po fai una bella festa bisongiada a bocciri unu vitellu grassu!

Tziu Bartolumeu: E su vitellu grassu si boccidi po is festas mannas!

Tziu Raimundu: E una coja esti  a casu una festa manna?!

Tziu Bartolumeu: Deu no tengiu fillus mascus pero tengiu una vitella de latti abilli a fai  cuntentu d’ognia mascu.

Tziu Raimundu: Su fillu mascu du tengiu deu.

Tziu Bartolumeu: Filla mia si tzerriada Leonora.

Tziu Raimundu: E fillu meu si tzerriada Iroxi.

Tziu Bartolumeu: E intzaras  buffaus a sa coja de Iroxi cun Leonora.

Tziu Raimundu (riempiendo due bicchieri di vino): A sa coja e a s’amistade!

Tziu Bartolumeu: (levando il suo bicchiere): Prosit!

(Si concorda il loro matrimonio)

 

 

 

Scena Terza

(La scenografia è l’arricchimento di quella precedente. Prima entreranno  in scena la padrona di casa Maria, accompagnata da   Chircantoni che allungherà il tavolo e porterà delle altre sedie; quindi entreranno in scena le cameriere Bruna e Mariangela che porteranno le vivande. Infine entreranno in scena gli altri invitati, tutti della famiglia Muliaches)

Maria Piras (consegnando a ciascun bambino un cavallino di formaggio fresco): Pappai  e buffai  picciocchedus! Tottu a manu teneis  casu e pani in cantitadi. E is mannus buffinti su binu e pappinti sa petza! A sa salude!

Tziu Raimundu (levandosi in piedi): A sa saludi de Iroxi nostru e de sa paxi!

Tutti gli adulti presenti si levano in piedi e gridano in coro: Prosit!

Tziu Raimundu: Iroxi, se’ prontu a patì  po s’ Assegurongiu?

Iroxi: Seu pronto a fai paxi. Si babbu miu d’hat ditzidiu esti cosa bona!

Chircantoni (in tono malizioso): E apustis t’had a  toccai  a incosciai a sa vitella Nurresa!

Tutti i presenti rideranno!

 

 

 

Tziu Raimundu (proponendo un altro brindisi): A sa vitella Nurresa!

Tutti i presenti risponderanno: Prosit!

Chircantoni (estraendo un coltello a serramanico molto elegante): O Iroxi, pro su cojuonzu ti ‘ollu arregalare custa fiammante leppa pattadina chi appo comporadu po tui a sa festa de Santa Caterina. Cun custa tui has a porri pintai cannugas po sa figu morisca e crocorigas po su binu e po sa bella Nurresa!

Iroxi (accettando il dono e consegnando una moneta): E deu da pigu, ti torru gratzias e ti donu unu scudu po sa malajana e su fatunzu!

Chircantoni (intascando la moneta): A moti is bruscias e is cogas!

Tutti i presenti grideranno: A moti!

Tziu Raimundu: E candu andausu  po su Cojuonzu, Chircantoni?!

Chircantoni: Heus fissau cun i’ Nurresusu  oy e totu, a s’intrìchinu!

Tziu Raimundu (guardando il suo orologio da tasca): Intzandusu  es mellus chi s’incammineus, nantis chi iscurighidi!

Maria (levandosi in piedi rivolta alle donne): E nosu sparicciausu  sa mesa!

 

 

 

(Calano le luci, gli uomini escono e le donne faranno sparire vivande e arredi. Gli uomini usciranno a sinistra e le donne a destra; con le luci abbassate una parte delle stesse donne, prima di uscire, allestiranno la scenografia per la Quarta scena che rappresenta il salotto dei Fele; i Muliaches, tuttavia, rientrando da destra, troveranno uno schermo di legno dietro il quale si celano  la scenografia e  Tziu Bartolumeu Fele con Chircantoni Bonu che riceveranno gli Orrolesi in viaggio).