Capitolo 12
Quel
fine settimana Michele volle andare a vendere
i suoi articoli a Porta Portese. Mi spiegò che in quel mercato c’erano
due tipi di espositori: quelli autorizzati dal comune, che avevano un posto
fisso per il quale versavano una tassa contenuta; e quelli liberi (ma lui non
usò mai il termine “abusivi”), che si
mettevano in fondo, dove capitava. Il segreto era di non occupare gli spazi
degli autorizzati; per il resto c’era tolleranza e convivenza, da parte di
tutti.
A
mezza mattina capitarono, tra i numerosi visitatori, due ragazze; una delle
due, la biondina, mentre l’altra osservava distrattamente gli articoli esposti
sul tappeto, cercò con gli occhi i venditori. Michele, sembrò sorpreso, nel vederla.
Fu lei a parlare per prima, dopo un po’ che si erano osservati, sorpresi e
paralizzati dall’emozione di quell’inatteso incontro.
«Ciao!
Non sapevo che venissi anche qui, a Porta Portese.» esclamò, salutandolo
affettuosamente.
Michele
contraccambiò il saluto. Mi parve in imbarazzo. Furono fatte le presentazioni.
Lei aveva portato la sua amica, la brunetta, di passaggio a Roma, a fare un
giro al mercato più famoso di Roma.
L’amica si chiamava Marta, ed era di Imola, mi
pare; il suo viso ricordava quello di un’attrice, con quegli occhi verdi e il
colorito olivastro, aveva una voce roca, sensuale, che aggiungeva alla persona un certo fascino.
Anche
la biondina, Rosalba, non era male. Aveva
un’aria così romana! Non saprei dire esattamente che cosa; forse era il
sorriso, irriverente e affascinante; forse gli occhi scuri, profondi; o magari
la voce, con quella parlata dalle sillabe tronche e quei modi di dire che ti
fanno credere che roma sia il centro del mondo; e quando sei lì, a Roma, tutto
il resto scompare; l’America diviene soltanto un avamposto dell’Europa, una
succursale; e Londra ritorna Londinium, un piccolo villaggio oltre le Gallie,
da civilizzare.
Dopo
i convenevoli, cadde il silenzio, come un velo. Si capiva che c’era qualcosa in
sospeso tra Michele e la biondina.
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