sabato 7 ottobre 2023

Il popolo delle torri - 3

 




Le capanne occupate dai sacerdoti si estendevano tutt’attorno al pozzo sacro, come per proteggere il regno degli dei delle acque. Lì era stato sistemato il fido amico Elki. Chissà come aveva trascorso la notte, l’uomo che gli aveva salvato la vita. Sua moglie era certo che quel gesto di protezione era stato premeditato dal grande sacerdote. Non aveva saputo o voluto predisporre alcun’altra difesa contro quel parricidio annunciato; per paura che allertando le guardie coinvolte nel complotto, i traditori potessero essere messi sul chi vive e magari decidere una modalità più complessa per il loro sanguinario piano. Elki aveva valutato e voluto il vantaggio della sorpresa che i suoi dei gli avevano offerto; e l’aveva sfruttato, a rischio però della sua stessa vita. In cuor suo fu grato all’amico e al sacerdote che aveva rischiato la sua vita per lui. «Gli dei danno e gli dei prendono», pensò ancora. Per un uomo che lo voleva morto, c’e n’era stato un altro che lo aveva salvato dalla morte. Solo che il primo era suo figlio! Quel pensiero sembrò afferrargli il cuore e strizzarlo sino ad espungervi tutto il sangue, in uno stillicidio infinito. Sarebbe mai guarito da quell’afflizione?

Ma adesso occorreva reagire! E subito!

Ci sarebbe stato tempo per piangere, dopo!

Adesso doveva stanare tutti i traditori che si celavano nel villaggio.Damasu non poteva aver agito da solo. Non era un pazzo. Gli venne in mente che in quel terribile istante, in cui lui lo aveva colto, subito dopo il gesto omicida, per una frazione di secondo suo figlio aveva indugiato con lo sguardo rivolto alla folla, come se si aspettasse un aiuto concreto, un sostegno, un intervento in suo favore. A chi aveva rivolto suo figlio Damasu quello sguardo che cercava soccorso? Evidentemente egli sapeva che in mezzo alla folla c’erano delle persone che stavano dalla sua parte; ma queste persone chi erano? E perché non erano intervenute in aiuto di Damasu?

continua...

sabato 30 settembre 2023

Il popolo delle Torri - 2




 https://albixandpoetry.wordpress.com/2023/09/30/i-thirsenoisin-5/

Intanto, in preda a queste riflessioni, era giunto in vista al recinto dove Rumisu si apprestava a liberare  le sue greggi per condurle al pascolo. Lo vide, prima anche che sentirlo, raggruppare gli animali, con quei movimenti e quei richiami che un pastore ripete con la solennità che gli proviene dall’innato costume a dominare le greggi, ma senza violenza o malanimo, quasi con amore, come se animali e uomini fossero una sola entità, sacra e da rispettare. Al contrario del fratello,  Rumisu si era da subito dedicato alla cura delle greggi, con tutta l’anima e con tutto se stesso. Avevano sposato due sorelle e sua moglie gli  aveva già dato due figli, un maschio e una femmina.

«Bentornato, padre!» esclamò quando fu a portata di voce.

No, Rumisu non c’entrava per niente in quella brutta storia. Era rimasto sorpreso anche lui per il gesto del fratello. Gli aveva letto ancora  l’incredulità e la sorpresa nel viso, quando Damasu era fuggito via, e lui finalmente, passato quel drammatico istante, si era reso conto di tutto e si era guardato attorno, per vedere se il pericolo fosse cessato con la fuga del suo mancato assassino.

«Grazie figlio mio. Mi aiuti a scegliere due caprette da immolare agli dei delle acque per richiedere  la guarigione di Elki? Sceglile tra le mie, naturalmente.»

«Se permettete, padre, vorrei sceglierne due delle mie. Voglio offrirle io in sacrificio.»

«Sì, certo! Agli dei piaceranno doppiamente!» assentì con intimo giubilo Itzoccar. «Mandamele con uno dei servi alla residenza dei sacerdoti, giù al pozzo sacro! »

«Sarà fatto!»

«Vienimi a trovare coi tuoi figli quando sarai rientrato dai pascoli!»

«Va bene» rispose Rumisu salutando il padre, che subito si avviò in direzione del pozzo sacro.

continua...


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giovedì 10 agosto 2023

Il popolo delle torri - 1

 


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I Thirsenoisin

Romanzo d’amore e di guerra

di ignazio salvatore basile

Capitolo 1

 

«Tu devi sposare Arca Salmàn. Sei stata promessa a lui e lo sposerai!»

Il capo tribù Itzoccar voltò le spalle a sua figlia Aristea e si dedicò alla vestizione, aiutato da sua moglie Irisha. In giornata doveva dirimere delle controversie di ultima istanza e non aveva tempo da perdere. E poi, i suoi ordini non si discutevano. Nessuno osava metterli in discussione. Discutere un ordine di Itzoccar poteva costare la vita. Tutti lo sapevano. Era su questo che si reggeva, a memoria d’uomo, il regno di Kolossoi. Come osava sua figlia, poco più di una bambina, discutere una decisione già presa da lui?

Aristea queste cose le sapeva; dalla mamma aveva ereditato il candore e la bellezza ma anche l’intelligenza istintiva che le consentiva quasi di presagire, con fatalismo tutto femminile, quello che sarebbe accaduto e come doveva comportarsi.  Ma sapeva anche che  il suo cuore ribelle e il suo temperamento volitivo (in questo ne aveva preso da suo padre),  l’avevano spinta a chiedere udienza e a tentare di far prevalere,  sulla ragione di stato, le sue aspirazioni, i suoi sogni.

 Aveva appreso da tempo di essere stata promessa in sposa, già sette anni prima, al figlio del capo della tribù di Gisserri,  da sempre loro alleata. All’inizio, nel suo animo di bambina neppure decenne, quella notizia aveva avuto il sapore di un racconto fantastico, simile a quelle storie raccontate da sua nonna nelle notti d’inverno, sulle fate tessitrici, le caprette parlanti e le caverne piene d’oro e di tesori. Ma adesso, da donna, il suo cuore le aveva imposto di gridare la sua voglia di libertà, il suo diritto a sognare. Già da qualche tempo aveva preso a fantasticare sulle città che si stendevano sul mare, oltre gli ultimi villaggi nuragici. Era lì che volava la sua fantasia, era lì che voleva recarsi; era lì che voleva incontrare un uomo che la conducesse in mare, sulla sua nave grande, a visitare nuove città e nuovi mondi. Lei non voleva rinchiudersi in un villaggio, magari un po’ più grande del suo, come era Gisserri; ma pur sempre un villaggio.  Per ora non aveva potuto fare di più che scappare, piangendo, quando suo padre le aveva voltato le spalle in quel modo altero, freddo e indifferente.

«Lo odio, lo odio, lo odio!!!» aveva gridato singhiozzando, battendo il pugno sul letto, dove si era buttata disperata. L’impotenza che sentiva pervadere il suo animo, aumentava di più la sua rabbia e il suo dolore.

Suo fratello le si avvicinò e cercò di consolarla, accarezzandole i lunghi capelli castani.

«Coraggio, piccola! C’è un rimedio a tutto! Fatti coraggio!»

Aristea, sul momento, non si chiese come mai il suo fratello maggiore fosse accorso così prontamente. Certamente lui le voleva bene, era la sua sorella minore e aveva avuto sempre nei suoi confronti un senso di protezione. Ma era pur sempre l’erede al trono; e ci teneva a succedere al padre; di questo lui non aveva fatto mai mistero.  Li separavano dieci anni di età; lui, il primogenito, erede al trono, lei l’ultimo frutto dell’amore duraturo tra i suoi genitori; anche se degli altri figli nati in mezzo, solo Rumisu, il terzogenito, era sopravvissuto; tutti gli altri figli, chi per una ragione, chi per l’altra, erano morti nei primi anni di vita.

«Aiutami, Damasu! Io non voglio sposare Salmàn! Io voglio un altro uomo, scelto da me e non da mio padre!» disse abbracciandolo. Forse per lei c’era ancora una speranza di salvare i suoi sogni.

Damasu ordinò alla serva di andare a preparare un infuso caldo per calmare sua sorella.

«Lo so! So tutto, io!» la rincuorò Damasu, battendole la mano sulle spalle in modo affettuoso. «Ne parlerò con il saggio Mandis. Nessuno conosce le nostre leggi più di lui e mi saprà consigliare.»

«Perché? Perché veniamo obbligate a sposare un uomo che non amiamo?» gli chiese staccandosi da lui e fissandolo negli occhi.

«Sono le antiche leggi del nostro popolo. Ma vedrai che Mandis saprà trovare una via d’uscita» rispose in maniera sibillina Damasu accommiatandosi dalla sorella. E questo bastò per alleviarle momentaneamente il cuore che sentiva oscuro e pesante nel suo petto.

...continua...

martedì 8 agosto 2023

L'Inferno di Marcinelle

 


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Quando firmai per Marcinelle

Non sapevo neanche che fosse una miniera.

Sapevo sì, che i miei padri

Avean perso la guerra

E io ero solo,

senza soldi e senza lavoro,

senza pane, senza una casa.

La guerra, una volta iniziata,

 non finisce mai.

Vedo che adesso

Costruite case verso l’alto,

più alte di mille metri,

a grattare il cielo!

Ma voi sapete

Quanto son lunghi

1037 metri sotto la terra?

Io si!

Sono lunghi come

L’inferno di Marcinelle!

Marcinelle 2010

martedì 27 giugno 2023

Vi annuncio ancora una grande gioia

 





Ancora una grande e gioiosa sorpresa stamattina in Rete. La mia commedia "La Ricreazione è finita" si piazza al diciassettesimo posto della classifica Amazon del Kindle Store (Sezione Teatro e Spettacolo) tra Euripide ed Eschilo, due autentici giganti della drammaturgia classica! Inoltre, sempre su Amazon e per la stessa sezione, ma nella classifica "Libri", la mia commedia si piazza al sessantaduesimo posto, poco dopo Konstantin Stanislaskij (con il suo prezioso Manuale "Il lavoro dell'attore su se stesso" sul quale anche io ho studiato).

Non è la prima volta che questo mio libro finisce nella Classifica Amazon.it Best Seller dei libri a pagamento più letti.

La commedia "La Ricreazione è finita" è stata una delle prime, se non addirittura la prima, che ho scritto per la scuola. Il testo risale infatti agli anni novanta, quando la tecnologia comincia a far parte seriamente nella scuola, attraverso l’ informatizzazione dei processi relazionali e delle strutture tecnologiche. Due sono state però le molle che mi hanno spinto a scriverla; o forse sarebbe più giusto dire che due sono state le scintille che l’hanno accesa nella mia mente.In quegli anni novanta, cominciavo a notare come gli studenti, andassero assumendo degli atteggiamenti collegati alle pubblicità televisive più invasive; tali atteggiamenti e tali posture venivano dagli studenti associati agli slogan che i fantasiosi e creativi pubblicitari italiani coniavano su commissione degli industriali e dei produttori principali, per conquistare fette sempre più consistenti del lucroso mercato consumistico giovanile. I miei studenti, in pratica, pur non essendo le prime vittime, o se preferite, i primi attori, dell’epopea consumistica (esplosa invero sin dagli anni del boom economico presessantottino), erano i primi consumatori a ricevere gli impulsi consumistici in maniera così massiccia dalla televisione. In effetti gli anni novanta vedono in Italia la definitiva affermazione e diffusione delle reti televisive commerciali nate nel precedente decennio. I giovani che in quegli anni novanta sedevano sui banchi delle scuole superiori, evidentemente, passavano tanto, troppo tempo davanti ai televisori; al punto che quegli ossessivi slogan pubblicitari diventavano parte integrante dello sviluppo della loro personalità, al punto da indurli ad utilizzarne quelli più in auge, come parte essenziale e caratterizzante del loro lessico quotidiano. Non è a caso che, qualche anno più tardi si leggerà, in ambito scolastico, una critica tanto amara quanto feroce sui disastri che la televisione, in quanto agenzia educativa, avrà già prodotto sugli adolescenti; anche se occorre rimarcare che più avanti, dopo i secondi lustri del secolo ventunesimo, altri mezzi di comunicazione di massa saranno prescelti dai giovani per la loro formazione e per la loro informazione (mi riferisco ai canali televisivi di internet e alla rete più in generale). La seconda scintilla è costituita dalla burocrazia, dalle oscure circolari, sempre più incomprensibili, prigioniere come erano e come sono, del linguaggio burocratico ministeriale, e dell’onda di informatizzazione che cominciava a propagarsi anche nella scuola.Ma il nocciolo vero del dramma è, a ben vedere, e per entrare nei contenuti narrativi della commedia, un altro: vi si narra in realtà la storia di due fratelli che, dopo l'Armistizio dell'otto settembre del 1943 si trovano su fronti opposti; uno arruolato nell'esercito regio, sotto le insegne del maresciallo Badoglio e de Re; l'altro a Salò, coi repubblichini di Mussolini. Dopo avere scritto la storia ho scoperto che una storia del genere è successa per davvero, tra due fratelli realmente esistiti. Beh, che dire? Tutti sanno che la fantasia, spesso, supera la realtà. Non conosco i dettagli della storia vera ma conosco i dettagli della mia storia. Mio padre Carmelo, quando fu firmato l'Armistizio, l'otto settembre del '43, rimase fedele all'esercito regio, mentre suo fratello Ninì, di qualche anno più giovane, si arruolò nell'esercito repubblichino, seguendo con il suo entusiasmo e i suoi afflati ideali giovanili, quelle sirene di gloria che tanti, troppi giovani (e anche molti italiani meno giovani) seguirono nel ventennio fascista. Ogni epoca ha i suoi idoli e i suoi eroi. Io, per esempio, ero incantato dalle sirene della sinistra e della rivoluzione bolscevica.. Quanti inganni e quante delusioni, dietro quei vessilli rossi di falsa libertà! Ma chi può giudicare davvero i giovani per le loro infatuazioni e i loro ideali fallaci, tanto spesso vissuti con sincero entusiasmo e in buona fede?

sabato 13 maggio 2023

Per favore prega per me



Quegli spari
 il 13 maggio 1981
 a Piazza San Pietro 
 mi videro   freddo testimone del tempo 
 ma ho pianto per te più tardi
 quando ti ho visto
 tremante 
sotto il peso della tua Croce;
 per favore prega per m
e tra gli Angeli;
la tua esistenza
 è la più luminosa   prova 
dell'esistenza di Dio!

giovedì 13 aprile 2023

Ai piedi di Suzanne

 



 

I

Lascia che io baci i tuoi piedi, bambina

Io li amo, lascia che li baci,

ti prometto: solo i piedi,

nient’altro,

niente di più che i tuoi splendidi piedi.

Io li amo.

 

II

E tu riderai, senza dirmi perché,

perché questo è fantastico,

che tu possa ridere

senza che se ne sappia la ragione;

bevi e fuma ancora un poco,

vieni, qui staremo tranquilli

e soli.

 

III

Oh, maledetto ungherese bastardo,

vai fuori dalle balle;

il mondo è così grande

che io non capisco come tu non possa

trovare un altro dannato posto dove stare;

e di più

io capisco il tedesco;

lo capisco davvero, sai?,

ed anche se parlassi un’altra lingua,

ti capirei lo stesso,

perché stanotte io bacerò i suoi piedi!

Guarda, come sono belli,

dorati  come i suoi capelli,

ed io

li bacerò.

E lei riderà,

come sa ridere soltanto lei,

e nessuno

saprà il perché.

sabato 25 marzo 2023

Ricordi

 

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Ricordi,

quando brillava il sole,

alto nel cielo

e i giorni sembravano senza fine,

che bel tempo abbiamo vissuto insieme?

Ora, che i giorni si accorciano sempre più,

i ricordi si adagiano su te sempre più spesso

e non dimentico quell’ultima carezza che mi hai dato,

prima di salutare questo mondo,

quasi  per chiedere scusa di un addio

che poneva fine alle tue sofferenze.

Ma ora non temo più il tramonto,

perché avvicina il giorno

in cui ci ritroveremo.

 

 

A mi madre

 


Te acuerdas,

cuando brillava  el sol

alto en el cielo

y los dias parecian sin acabo

que buen tiempo tenimos juntos?

Ahora que los dias son siempre mas cortos

me quedo piensando en ti mas de sovente

y no me olvido de aquella ultima caricia

que me hiciste

antes de despedirte de este mundo,

casi una disculpa por un adios

que ponea fin a tus sufrimientos.

Y no me da miedo el occaso

porque acerca el rencuentro con tigo.

 

In Caller, el dia 26 de marzo 2018

 

domenica 19 marzo 2023

In Memoria


Da mio padre ho cercato di apprendere,

fra i tanti doni che aveva,

quello della discrezione

e quello della dignità!

 

E con discrezione e dignità

Anch’io voglio andarmene

Quando sarà il mio tempo.

 

Con quell’espressione di pace sul viso

E sulle labbra quel sorriso


Un po’beffardo

Quasi a dire: “Io la mia parte

 L’ho fatta! Ora tocca a voi

Fare la vostra!”

 

E voglio lasciare pronti

anche gli spiccioli in contanti

sì da non creare imbarazzo

su chi debba anticipare per le spese

lasciando alla buona volontà

solo il dover comandare

per l’ultimo viaggio.

 

Quanto ai talenti di Dio

Che sono poi la questione principale

Io sono certo, se mi guardo attorno,

Che li hai impiegati al meglio;

ma poiché l’ultima parola è del Padreterno

prego affinché lo accolga

nella perpetua gloria

come vorrei che un dì

altri preghi per me.

Amen 

venerdì 10 febbraio 2023

In ricordo



Se trovate in quei burroni profondi

Che in vita chiamavo foibe,

uno scheletro legato con il fil di ferro

 ad un altro scheletro,

 legato ad un altro scheletro

e a un altro ancora,

quello son’ io.

 

Non cercatemi in un posto qualunque,

in un fosso o in una buca.

Io giaccio

 in quei recessi contorti

che si  chiamano foibe.

 

Avvolgetemi, ve ne prego,

 in un drappo bianco

E restituitemi ai miei cari,

alla mia Patria e alle cose di Dio.

 

Non odio nessuno e  perdono tutti.

 

Solo un’ultima cosa vi chiedo:

aprite gli occhi dei vostri figli

sulla verità!


venerdì 27 gennaio 2023

La vergogna di essere uomini

 


Se c’è qualcuno che sa, parli!

Dica perché la Madre

è stata strappata al Figlio…

E il fratello al fratello….

E perché bambini senza colpa?

E vecchi senza tempo?

Perché?

Io, li vedo ancora,

in spirito e corpo

fluttuare attraverso i comignoli

e salutarci, con un sorriso pietoso.

Io, odo ancora latrati e voci


che radunano,

spaventano,

disperdono,

recidono legami e affetti

che non vedremo mai più. 

Io,

sento

la vergogna di essere uomo!

E la paura di vivere e di amare!

Ma perché,

se perfino Gesù Cristo,

dalla Croce,

ci aveva già perdonati!

Perché? Perché?

Parlate, voi che potete! Voi che sapete!

Parlate!

Io prometto che parlerò…

Per non dimenticare.

Cagliari, 27 gennaio 2001