domenica 24 aprile 2022

Le indagini del commissario Santiago De Candia -1

 Capitolo primo

Come ogni mattina, anche quel lunedì, il commissario Santiago De Candia fece una breve sosta all’edicola di Largo Gennari, che da casa sua, in via Monteverdi, lo conduceva in Questura.

Checco gli allungò subito i due soliti quotidiani, piegati in due. La Stampa e L’Opinione.

Come tanti cagliaritani, Checco chiamava il quotidiano cittadino ‘l’Opignone’. Il commissario, nonostante fosse nato in Sardegna, non aveva ancora capito se si trattasse di un difetto di pronuncia oppure di un vezzo.

La seconda sosta, più lunga, era quella al Bar di Tonio, il Caffè Intilimani, come recitava l’insegna. Era stato coniato un unico vocabolo composto dal nome di un famoso gruppo musicale cileno degli anni ’70 da cui, verosimilmente, il fondatore del locale aveva preso ispirazione.

Il commissario De Candia salutò con un cenno il barista. Era sufficiente. Il barista sarebbe subito arrivato con la sua colazione. Ci teneva a servirlo personalmente.

Seduto al solito tavolino, in fondo al locale, mentre aspettava il suo cappuccino e il suo croissant alla crema, aveva aperto l’Opinione. A prescindere dal nome, il quotidiano regionale si faceva apprezzare soltanto per la cronaca. Per le altre notizie,  lui preferiva la Stampa di Torino, sulla quale si era orientato dopo tanti anni passati a formarsi su La Repubblica.

«Ha letto dell’assassino preso con il coltello in mano?» gli disse Tonio poggiando il vassoio. «I miei clienti non parlano d’altro oggi!» riprese con un tono di rassegnazione di chi  non si aspettasse alcuna risposta.

Il commissario De Candia non amava molto le chiacchiere. Dopo anni che frequentava il suo bar, Tonio aveva imparato a rispettare la  riservatezza di quell’uomo che comunicava l’essenziale con gli occhi e che evitava ogni parola superflua.

L’articolo di spalla rimandava la notizia alle pagine interne della cronaca dove ampio spazio era dedicato all’assassino con il coltello in mano, come il giornale aveva definito l’omicidio che il barista gli aveva segnalato.

C’era una foto della vittima. Una certa Emma Pirastu, di anni ottantaquattro. Una bella signora, osservò De Candia. Distinta, dal viso intelligente, forse un’insegnante in pensione oppure un’impiegata. 

Era stata uccisa, in un quartiere residenziale di Cagliari, dal nipote, un quasi trentenne, di cui si riportavano soltanto le iniziali.

L’assassino era stato colto in flagranza di reato con il coltello ancora in mano, grondante del sangue della zia, che giaceva esanime ai suoi piedi in cucina. I Carabinieri della Polizia Giudiziaria, coordinati dal procuratore capo Bartolomeo Gessa, intervenuti prontamente sul posto dietro segnalazione di una dirimpettaia, allarmata dalle urla disumane della povera vittima,  avevano  risolto a tempo di record il caso, assicurando l’assassino  alla giustizia, commentava la capo redattrice della cronaca nera, Maria Carla Coseno. 

Il commissario si sentì prudere il naso. Aveva sempre sentito dire che il prurito al naso poteva significare due cose alternativamente, soldi in arrivo oppure colpi. Ma il suo era un naso da sbirro e spesso gli prudeva quando leggeva qualcosa che non quadrasse. Oppure quando stava per imbattersi in qualcosa di importante e di risolutivo. Gli succedeva talmente spesso che ormai non ci faceva quasi più caso. In quell’occasione poteva perfino trattarsi di un po’ di zucchero a velo, finito dal croissant sul suo naso. Ci strofinò sopra un tovagliolo, mentre si detergeva le labbra da eventuali segni della colazione e si alzò in piedi.

Mentre pagava alla cassa colse distintamente alcuni commenti dei clienti di Tonio.

«Ma cosa aspettano a reintrodurre la pena di morte?»

Ancora senza vedere in viso chi parlasse, udì i commenti che seguirono.

 «Magari! Invece lo dovremo mantenere per chissà quanti anni in carcere, servito e riverito!»

«Non ti preoccupare! Con un bravo avvocato, nel giro di cinque, massimo sette anni, sarà già fuori pronto ad ammazzare qualcun altro!» disse una terza voce.

«Non esageriamo! L’hanno preso con il coltello in mano! Non so se realizzi?» replicò la prima voce.

«È come se l’avessero preso con la Colt fumante!» esclamò la seconda voce.

«Sapete cosa vi dico? Un bravo avvocato sarebbe perfino capace di farlo assolvere!» disse la terza voce che non sembrava volere retrocedere. Anzi, intendeva spingersi ancora più avanti nella sua tesi.

«Boom! Mo’ gli danno pure una medaglia a ‘st’assassino con il coltello in mano!» esplose una quarta voce che forse apparteneva a un romano, o a un forestiero.

Grato che nessuno gli avesse chiesto un parere, il commissario, dopo aver pagato, uscì e si accese una sigaretta.

Non c’era niente di più stressante che un processo sommario, fatto fuori dalle aule di un tribunale, pensò il commissario avviandosi verso la sede della Questura. Come certi programmi televisivi che andavano di moda, infarciti di sedicenti esperti e improvvisati criminologi, dove si ricostruivano i processi più eclatanti e recenti che, a prescindere dalla loro evidente e oggettiva complessità, non sembravano trattenere il pubblico da giudizi tanto sommari e superficiali, quanto azzardati e fuori luogo.  

Neanche il tempo di finire la sigaretta ed era arrivato in Questura. L’edificio che la ospitava si trovava proprio dietro il Palazzo di Giustizia, come se i tecnici del Piano Urbanistico avessero voluto farne un presidio di protezione e retroguardia.

Il commissario spense la sigaretta sotto la scarpa prima di imboccare la scalinata in travertino che portava all’interno della Questura. 

Il piantone lo accolse accennando un saluto militare.

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mercoledì 16 marzo 2022

Un'indagine al di là delle evidenti apparenze-21

 



Erano da poco passate le undici quando il commissario parcheggiò la sua auto di fronte a un edificio che un tempo aveva ospitato il centro vitale dell’antico borgo minerario, con l’Ufficio Postale, la Caserma dei Carabinieri, lo Spaccio Aziendale e, poco più avanti anche il cinematografo. E dove adesso resisteva ancora un bar, in cui poterono rinfrescarsi prima di iniziare la passeggiata a piedi che Luisa accettò di fare con entusiasmo.

Il commissario le fece da Cicerone, anche se in realtà a guidarlo non erano tanto le sue conoscenze dirette di quei luoghi, ma più che altro i racconti che  i suoi genitori, e sua madre in particolare,  gli avevano fatto in gioventù. Prendendola per mano affettuosamente il commissario la guidò nei diversi siti, ormai ammantati di un’aura monumentale. La sede della direzione, con gli uffici a piano terra, gli alloggi del direttore al primo e quelli dei dipendenti, tra cui suo nonno paterno, al secondo piano. L’ospedale con la chiesetta dedicata a Santa Barbara, protettrice dei minatori. La laveria, le officine per la manutenzione degli impianti, la vecchia linea ferroviaria, a scartamento ridotto, che trasportava piombo e zinco a San Gavino. E infine Telle, il villaggio dov’era nata sua madre,  ormai quasi inghiottito dalla vegetazione, che si stava riprendendo lentamente tutti gli spazi che gli uomini le avevano sottratto nei decenni precedenti.

«Sei stanca?» le chiese a un certo punto il commissario, timoroso di averla fatta camminare a lungo e per troppo tempo.

«No, per niente! Sei riuscito a farmi dimenticare, per una buona parte della mattinata i miei problemi quotidiani!» rispose con trasporto l’avvocato Levi.

«Meno male!» commentò il commissario sentendosi risollevato da quella risposta entusiasta e spontanea.«Adesso ti porto in un bel ristorante a recuperare un po’ di energie, perché poi, se non hai niente in contrario,  intendo arrivare sino a Buggerru!»

«Bene! Quest’arietta di montagna mi ha fatto venire un po’ di appetito!»

Ripresero l’auto e a un certo punto della strada provinciale imboccarono una strada secondaria che portava, secondo le indicazioni stradali,  alle grotte de ‘Su Mannau’. Lì, in mezzo ai boschi, c’era il ristorante a cui si riferiva il commissario.

«Speriamo che sia aperto!» esclamò l’avvocato Levi appena l’auto fu parcheggiata all’ombra di alcuni possenti alberi.

Tutt’attorno, a vista d’occhio, non si vedevano altro che lecci, olivastri e macchia mediterranea.

«Tranquilla! Ho prenotato sin da ieri sera» disse il commissario.

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Le puntate precedenti sono disponibili al seguente link: https://poetryandmore-albixforpoetry.blogspot.com/2022/03/unindagine-al-di-la-di-ogni-apparente_15.html

martedì 8 marzo 2022

Un'indagine al di là delle evidenti apparenze-13

 

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«No, questo mi mancava. Allora accetto! A patto che mi racconti bene questa storia delle radici!» disse con quel suo sorriso affascinante che a lui era piaciuto sin dalla prima volta che l’aveva conosciuta.

«Contaci. Dimmi il numero civico che passo a prenderti! Alle nove e mezza è troppo presto per una domenica?»

«No, va benissimo. Suona il campanello dell’abitazione che sta allo stesso numero civico dello studio» disse porgendogli un bigliettino.

«Grazie. A domani» confermò il commissario mettendolo in tasca.

«A domani, allora.»

«Ah! Volevo dirti che quando ci siamo incontrati venivo da un sopralluogo che ho fatto in via Giudicessa Adelasia» aggiunse subito il commissario prima di accommiatarsi.

«Non mi dire che la Procura ti ha fatto la delega per le indagini?» disse l’avvocato illuminandosi in viso.

«Sì, proprio così! Ancora una volta saremo su fronti contrapposti!» annuì l’uomo.

«Tu credi?» proruppe l’avvocato con grinta. «Guarda che invece potrei affiancare proprio la Procura in Corte d’Assise come parte civile! Il mio assistito è parte lesa in questa storia!»

Questa donna è un avvocato nel fondo dell’anima, pensò il commissario con ammirazione.

«Lo dici per non farmi chiudere nel segreto professionale!» disse invece un po’ per scherzo e un po’ perché lo sbirro che c’era in lui lo portava a sospettare anche quando si trovava davanti una persona che stimava. E ancor più se per questa persona provava qualcosa in più di una pur sincera stima.

«No, affatto!» disse lei ammorbidendo i toni. «E te lo dimostrerò domani stesso!»

«Va bene! A domani alle nove e mezza!»

Guardandola allontanarsi a Santiago venne in mente una frase che suo padre ripeteva spesso. «Ringraziamo il Padreterno per aver creato le donne. Guai se non ci fossero. Ma visto che c’era, perché non le ha fatte meno complicate?»

Il suo vecchio, veramente, al posto di complicate usava un’altra e più colorita espressione. Ma non gli andava di riferirla a quella donna che aveva casualmente ritrovato. E si rese conto che non aveva pensieri così piacevoli da tanto tempo.

E la notte, il sonno, giunse più lieto e più soave che mai.


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venerdì 4 marzo 2022

Un'indagine al di là delle evidenti apparenze-10

 


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Il sabato mattina, il commissario De Candia era solito recarsi al mercato di San Benedetto per acquistare pesce fresco. Era un’abitudine che aveva da quando era andato ad abitare in via Monteverdi con sua moglie. Vi si recava a piedi, percorrendo via Pergolesi e poi un tratto di via Cocco-Ortu, sino al più importante mercato cagliaritano di pesce, carne e generi alimentari al dettaglio.

Per non rinunciare alla sua consueta passeggiata decise che sarebbe arrivato sino a via Giudicessa Adelasia per il sopralluogo che si era ripromesso di fare nell’appartamento dove era avvenuto l’ultimo omicidio a lui assegnato dalla Procura. Da lì, risalendo su via Baccaredda, si sarebbe facilmente ricongiunto al mercato di San Benedetto, dove si vendeva il pesce più fresco e più vario del capoluogo regionale sardo.

Il sopralluogo gli aveva fatto balenare alcuni spunti, sicuramente utili per le indagini sull’omicidio della povera Emma Pirastu. Come d’abitudine aveva redatto un pro-memoria su un foglietto volante. Più che altro delle annotazioni con dei punti esclamativi oppure interrogativi, a seconda che fossero dei punti fermi, oppure rappresentassero dei dubbi, o magari entrambe le interpunzioni qualora non fosse ancora convinto della loro natura. Tutto materiale grezzo che avrebbe dovuto rielaborare nell’intimità del suo ufficio, dopo averci pensato e riflettuto per un po’ di tempo.  Camminava assorto e ripensava ai punti cruciali di quello strano omicidio, cercando di ricomporre mentalmente un mosaico ancora confuso, e stava quasi per andare a sbattere contro l’ultima persona che mai avrebbe immaginato di incontrare quella mattina. Anche perché quella voce conosciuta lo richiamò alla realtà in maniera formale e giocosa nello stesso tempo.

«Commissario De Candia? Come mai da queste parti?»

L’avvocato Luisa Levi lo guardava, nel suo elegante tailleur in tinta unita, quasi canzonandolo, forse per mascherare la stessa emozione che in quel momento l’aveva pervasa all’improvviso.

«Luisa! Sei proprio tu?» riuscì appena a dire il commissario.

«Certamente. Non mi riconosci? Sono cambiata così tanto, in così poco tempo? Cosa fai da queste parti?» disse quasi a raffica il brillante avvocato. I due si guardarono negli occhi per un lungo, interminabile istante. Il commissario non la ricordava così tanto alta da poterlo quasi guardare diritto all’altezza degli occhi. Forse indossava dei tacchi. O magari era lui che credeva di essere più alto del suo modesto metro e settanta.

Lo sbirro che era in lui lo aiutò a vincere l’emozione e a riacquistare il suo sangue freddo.

«Sono qui per motivi professionali» rispose senza sbilanciarsi.

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giovedì 3 marzo 2022

Un'indagine al di là delle evidenti apparenze - 8

 

«D’accordo, ma questa colluttazione con chi sarebbe avvenuta? Non con l’indiziato, che non avrebbe comunque potuto trovarsi, a quell’ora,  a casa della vittima. A meno che tu non voglia ipotizzare che  avesse un complice che ha lottato con la vittima sino all’arrivo sul luogo del delitto dell’indiziato!» rispose il commissario, il cui scrupolo investigativo sapeva spingersi oltre ogni limite.

«Ma di questo fantomatico complice non c’è traccia nei verbali, giusto commissario?» intervenne il Farci che era il più concreto dei tre componenti dell’affiatato team della sezione omicidi.

«Certo che no!» confermò Santiago De Candia. «Nel fascicolo ci sono le chiavi dell’appartamento dove è avvenuto l’omicidio. Avevo già in mente di farci un sopralluogo domattina. Mi riprometto di verificare tutto, senza tralasciare niente.»

«Ma la storia del coltello in mano è stata un’invenzione dei giornali?» chiese ancora con curiosità il Farci.

«Io credo che sia stata una sfortunata coincidenza, come scrive l’avvocato difensore nel ricorso. In pratica l’arrivo della pattuglia della polizia giudiziaria è stata quasi contemporanea all’arrivo del nipote, il quale entrando con le sue chiavi ha trovato il coltello insanguinato per terra. Ingenuamente lo ha raccolto e si è messo a cercare la zia, trovandola poi in cucina, praticamente già morta. E così l’hanno trovato i Carabinieri, inebetito e tremante. In una mano stringeva ancora il coltello, mentre nell’altra aveva una busta con dei generi alimentari che gli aveva chiesto la zia il giorno prima» rispose il commissario.

«Decipit frons prima multos!» sentenziò l’ispettore riacquistando la sua consueta sicurezza e quasi pentendosi della sua ipotesi dell’esistenza di un complice.

«C’è un’altra cosa che dobbiamo considerare, prima di escludere ovvero prendere in considerazione l’eventualità della presenza di un complice» si affrettò a dire il commissario per scongiurare le proteste del sovrintendente, che sbuffava regolarmente a ogni frase in latino del loro collega. «Secondo il medico che ha effettuato l’autopsia l’assassino ha sferrato tre colpi, dal basso verso l’alto. E i fendenti sono stati inferti da un destrimane, mentre l’indiziato, come precisa il verbale, impugnava il coltello nella sinistra e, per giunta, è anche mancino.»

«Beh, questo non esclude la presenza di un complice. Anzi, sembrerebbe confermarlo…» disse ancora l’ispettore, ma meno convinto di prima.

«Certamente. Ma a questo punto, perché non pensare che il vero assassino abbia agito indipendentemente dall’indiziato? Comunque domani, senza trascurare neppure questa pista, voglio verificare da dove possa essere entrata questa terza persona, la cui presenza sembra farsi strada sempre più a rigor di logica. Anche alla luce del fatto che l’indagato ha dichiarato di essere entrato con le chiavi. Quindi, o il vero assassino si è infilato dall’esterno, oppure la porta gli è stata aperta dalla stessa vittima.»

«In effetti ci sono diversi punti oscuri. La vittima conosceva l’assassino? Io propenderei per il sì. Chi si fiderebbe oggi ad aprire a uno sconosciuto?» puntualizzò l’ispettore.

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martedì 1 marzo 2022

Un'indagine al di là delle evidenti apparenze - 6

 

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«Mio nonno diceva sempre che la gatta frettolosa fece i gattini ciechi!» disse il Santiago De Candia, che si divertiva un mondo per la reazione che suscitavano queste massime latine nel sovrintendente, che le detestava apertamente. Nondimeno cercava sempre, più che di tradurle, di trasmettere al sovrintendente il senso di quello che Zuddas intendesse dire, affinché Farci non si sentisse del tutto escluso.

Ma in realtà era un gioco delle parti, frutto della loro ordinaria interazione, quasi come due innamorati in cerca di un pretesto per litigare e potere poi fare pace.

«Ma perché non parli come mangi?» protestò infatti il sovrintendente Farci all’indirizzo del collega.

«Sarà meglio che vada subito in procura!» disse il commissario alzandosi, dopo aver dato uno sguardo al fax e averlo riposto in una cartella intestata alla sezione omicidi.

«Viene con noi al bar per un aperitivo, commissario?» chiese l’ispettore Zuddas.

«No grazie. Un’altra volta magari. Non vorrei che il procuratore, nel frattempo, lasciasse l’ufficio!»

«Di sicuro non andrà a farsi intervistare!» disse il sovrintendente Farci, riferendosi al fatto che il procuratore capo si faceva intervistare soltanto per annunciare la risoluzione di casi giudiziari di vasta eco mediatica che spesso, però, finivano nelle loro mani per una più attenta risoluzione investigativa.

Santiago De Candia interpose un sorriso di intesa e si avviò verso l’uscita.

«Et cave canem!» gli gridò dietro l’ispettore, prendendo a braccetto il collega per guidarlo verso il bar.

Il commissario si voltò e li salutò con un cenno della mano.  

Come ogni giorno a Cagliari, dopo mezzogiorno, si era levata una brezza leggera dal mare. De Candia si coprì la bocca con la sua immancabile sciarpa rossa.  Di seta leggera o di lana pesante,  se ne privava



soltanto per andare al mare o quando indossava la tuta da ginnastica. Si sistemò i baffi e i capelli, già spruzzati di grigio ma entrambi ancora folti e si diresse con passo deciso in direzione del Palazzo di giustizia.

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domenica 27 febbraio 2022

Un'indagine al di là delle evidenti apparenze-4

 

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Il lunedì successivo era festa nazionale, ma sui giornali la vicenda dell’assassinio con il coltello in mano aveva continuato a spiccare tra i titoli in evidenza. Continuava a suscitare clamore e interesse una vicenda che aveva visto soccombere una signora anziana per mano di un suo giovane nipote. Tra i lettori dell’Opinione, soprattutto, si contavano numerose le persone anziane assistite da parenti più giovani oppure da personale esterno. A tenere viva la notizia era stata l’emittente Selen TV, che faceva da traino alla versione cartacea del quotidiano, con numerosi e frequenti dibattiti televisivi, ai quali venivano invitati cittadini comuni ed esperti di varia provenienza.

Anche il secondo lunedì del mese il fattaccio del coltello insanguinato teneva banco. Il commissario De Candia trovò il bar di Tonio ancora in grande subbuglio.

«Ha visto dottore le ultime sul caso dell’assassino con il coltello in mano?» gli disse Tonio accennando al giornale che aveva appena aperto, mentre gli portava la colazione, calda e fumante.

Il commissario andò a leggere le pagine interne della cronaca e a momenti gli andava di traverso il boccone di croissant che aveva appena addentato.

Una foto dell’avvocato Levi capeggiava a centro pagina.

La notizia eclatante era che l’assassino con il coltello in mano era stato scarcerato dal Tribunale della Libertà del capoluogo, su ricorso dell’avv. Luisa Levi.

La donna era una vecchia conoscenza del commissario, vedovo da tempo, che l’aveva incrociata all’inizio per motivi professionali, in occasione di altre indagini per casi di omicidio.

Le loro opposte posizioni investigative, lui dalla parte del delegato per le indagini della procura, lei come avvocato difensore dell’indagato, non avevano impedito la nascita di  una reciproca stima, dalla quale era poi scaturita una discreta relazione alla quale nessuno dei due aveva voluto attribuire un nome, ma che sembrava incardinarsi in qualcosa di più di una sequela, apparentemente occasionale ed episodica, di incontri connotati da una forte e reciproca passionalità.

Poi quel flusso empatico si era bruscamente interrotto. Senza una ragione apparente, gli era sembrato che lei non volesse più farsi trovare. O forse era stato lui che non l’aveva cercata abbastanza.

Qualcosa era però rimasto in sospeso, inespresso, involuto, almeno nell’animo del commissario. Quel qualcosa che, assopito e sotto traccia, si era risvegliato all’improvviso, di fronte a quella fotografia sul giornale.

Quella donna era davvero un diavolo in gonnella, pensò il commissario.

Come aveva fatto ad ottenere la scarcerazione dell’assassino con il coltello insanguinato in mano?

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venerdì 25 febbraio 2022

Un'indagine al di là delle evidenti apparenze - 2

 

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Non c’era niente di più stressante che un processo sommario, fatto fuori dalle aule di un tribunale, pensò il commissario avviandosi verso la sede della Questura. Come certi programmi televisivi che andavano di moda, infarciti di sedicenti esperti e improvvisati criminologi, dove si ricostruivano i processi più eclatanti e recenti che, a prescindere dalla loro evidente e oggettiva complessità, non sembravano trattenere il pubblico da giudizi tanto sommari e superficiali, quanto azzardati e fuori luogo. 

Neanche il tempo di finire la sigaretta ed era arrivato in Questura. L’edificio che la ospitava si trovava proprio dietro il Palazzo di Giustizia, come se i tecnici del Piano Urbanistico avessero voluto farne un presidio di protezione e retroguardia.

Il commissario spense la sigaretta sotto la scarpa prima di imboccare la scalinata in travertino che portava all’interno della Questura.

Il piantone lo accolse accennando un saluto militare.

Il suo ufficio era al primo piano, e le ampie finestre si affacciavano proprio su uno degli ingressi secondari del Palazzo di Giustizia. Sulla sinistra era visibile anche l’ingresso delle ex scuole magistrali, che adesso ospitavano il liceo socio-pedagogico, o qualcosa del genere.

Ripose, come al solito,  i giornali in un cassetto della scrivania e si accomodò nella sua poltrona.

Ma sei nuovi fascicoli con altrettanti casi di omicidio, recenti e ancora da risolvere, lo aspettavano all’interno dell’armadio di sicurezza. Li prelevò e li ripose sul ripiano della scrivania. I due fratelli trovati morti nelle campagne di Settimo San Pietro. La prostituta strangolata sul litorale di Giorgino. Un corpo privo di arti e mutilato dalla voracità dei pesci restituito dal mare. Il matricidio, probabilmente per colpa di un tossico esasperato dall’astinenza e dalla mancanza di soldi per acquistare la dose, il quale  però si era dileguato chissà dove. Due ennesimi femminicidi, presumibilmente già chiusi. Uno con il suicidio del marito colpevole, l’altro con la costituzione dell’autore che si era autoaccusato dell’omicidio.

Nella consueta riunione settimanale del venerdì si era deciso con i suoi collaboratori,  l’ispettore Zuddas e il sovrintendente Farci, di cominciare a svolgere delle indagini raccogliendo a verbale delle informazioni e altre possibili prove, per ricomporre le vicende criminose in un quadro investigativo coerente e comprensibile.

continua...

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mercoledì 21 luglio 2021

Omicidio a Cagliari-12



 Dopo il caffè andò a ripescare il quarto volume della sua Storia del Teatro della Garzanti e, sdraiato sul divano, si concentrò su Arthur Schnitzler.

Scoprì che l’ultimo  film di Kubrick, un regista che aveva apprezzato molto in gioventù, e che avevano da poco ripassato in prima assoluta TV, era stato tratto da un romanzo dell’autore viennese ‘Doppio sogno’; lo stesso commediografo della ‘Giovane Vienna’ che a suo tempo scandalizzò i benpensanti suoi contemporanei con ‘Girotondo’, il dramma in programmazione al Teatro Massimo, che la sua amica Luisa Levi lo aveva invitato a vedere all’indomani.

Il commissario De Candia amava molto il teatro; sicuramente più del cinema; suo padre era stato abbonato per una decina d’anni,  alla rivista ‘Il Dramma’, il quindicinale che Lucio Ridenti, alias Ernesto Scialpi, aveva diretto sino alla fine degli anni sessanta; su quella rivista, sin da ragazzo, si era fatto una certa conoscenza del  teatro di prosa italiano in auge negli anni a cavallo tra il cinquanta e il sessanta, familiarizzandosi con i grandi interpreti di quegli anni: Gino Cervi, Ernesto Calindri, Paolo Stoppa, Andreina Pagnani, Paola Borbone, Emma e Irma Gramati, lo stesso Vittorio Gassman (poi transitato con successo al cinema);  ma poi,  grazie alla moglie, melomane competente e appassionata,  l’opera, per un certo periodo, aveva preso il sopravvento sulle altre forme di spettacolo e il teatro era rimasto relegato nei ricordi in bianco e nero della televisione e in quelle riviste quindicinali.

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mercoledì 14 luglio 2021

Omicidio a Cagliari - 10

 



Maria Grazia Picciau era una donna sui trentacinque anni, piccola e rotondetta; portava degli occhiali da miope con le lenti affumicate e vestiva in maniera decorosa ma poco vivace; emanava un non so che di triste e sorrideva di rado, forse perché la sua dentatura presentava qualche imperfezione.’Omni gaudio, decoris iunctim’ pensò l’ispettore Zuddas, ma si guardò bene da dirlo.

«Grazie per il suo tempo signorina Picciau. Io mi sono qualificato come un funzionario del ministero degli interni e le ho dato una mezza verità; l’altra mezza è che sono della squadra omicidi di Cagliari e voleva sentirla a proposito di suo fratello Andrea» disse l’ispettore una volta accomodati.

«E’ successo qualcosa di brutto a mio fratello?» sussultò impallidendo la giovane impiegata.

«No, no, stia tranquilla» si affrettò a dire l’ispettore. «L’omicidio per cui sto indagando è quello di sua zia Emma!»

«Ah!» fece quella un po’ sollevata. «Povera zia Emma, anche se i rapporti con noi si erano diradati, mi è dispiaciuto che abbia fatto quella brutta fine!»

«Anche suo fratello si sarà dispiaciuto!» disse l’ispettore sornione, ma con non curanza.

«Non più di tanto!”- rispose prontamente quella – “ Mia zia Emma non faceva niente per nascondere la sua contrarietà al modo di vivere di mio fratello; e mio fratello ricambiava la sua antipatia con l’indifferenza; anche se dentro di sé soffriva, soprattutto per il fatto che essendo mia zia molto ricca, lui si sarebbe aspettato una qualche forma di sostegno economico da parte sua.”

«Suo fratello aveva bisogno di soldi? Sta forse attraversando un periodo di crisi?» fece l’ispettore, sempre con quella sua aria da confessore disposto ad ascoltare con comprensione qualunque cosa.

«Periodo?» fece l’impiegata con quel suo sorriso triste e amaro «La crisi finanziaria di mio fratello dura praticamente da quando ha imparato a contare i soldi. Ma si è acuita dopo i vent’anni, quando ha lasciato l’università e si è messo con delle cattive amicizie…ma forse a lei non interessano queste cose così personali…»

«No, continui pure, signorina!» la incoraggiò l’ispettore.

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lunedì 14 giugno 2021

La Terza via - 15



Feci uno sforzo per superare quel grave disappunto che rischiava di spezzare il feeling che avevo ristabilito con Roma. La Città Eterna mi ispirava nella ricostruzione di me stesso. Talvolta uscivo a fare delle passeggiate e mi riempivo i polmoni di quell’aria tersa che si respira ancora a Roma in certi viali alberati, quando non ci sono troppi mezzi motorizzati in circolazione. Di sfuggita, dalle finestre aperte, captavo certe espressioni, certe parole, certi odori (specialmente all’ora dei pasti) che sono tipici di Roma, che costituiscono parte integrante della terza città più vecchia del mondo. A volte sentivo dei brani musicali, dei ritornelli, provenire da qualche apparecchio acustico o da qualche improvvisato cantante; allora mi tornava alla mente Gabriella Ferri, un’artista che mi aveva colpito, negli anni della mia prima gioventù; quando avevo cessato di essere un ragazzo pieno di ideali, ma non ero ancora quel cinico, disincantato che, dopo aver girato mezza Europa e un pezzo di  America, non credeva più a niente. Roma mi aiutava così a ritrovare quello che ero stato; credo infatti che, pur non sapendo bene cosa fossi diventato, in giro per il mondo, sentivo dentro di me che le mie radici mi avrebbero potuto aiutare; le mie radici erano solide; ero stato qualcosa o qualcuno, prima di perdermi nelle nebbie londinesi e nelle lande d’America; era quel qualcosa, quel qualcuno che adesso stavo cercando lì,  a Roma.

 

https://idiomalatinos.wordpress.com/2021/06/14/la-terza-via-15/

sabato 3 aprile 2021

La Terza via di Londra

 


A quel tempo, a Londra,  le notizie dall’Italia arrivavano con un giorno di ritardo. Non che io le cercassi, tutt’altro. Ero andato via dall’Italia perché non ne potevo più di stare a sentire e a leggere sempre le stesse notizie: attentati, gambizzati, scioperi, scala mobile, crisi di governo, rimpasto, arco costituzionale, extraparlamentari, gruppuscoli, galassia, terroristi, destra e  sinistra.

Sul piano politico, a destra l’Italia era bloccata dall’arco costituzionale, mentre a sinistra l’ostacolo era il Patto Atlantico. Io non mi sentivo né di destra, né di sinistra. A pensarci bene forse ero partito per Londra alla ricerca di una terza via.

La  notizia del rapimento dell’onorevole Aldo Moro,  ad opera delle Brigate Rosse,  mi lasciò pertanto piuttosto indifferente.

Soltanto dopo ho capito la grandezza di quest’uomo politico, la sua lungimiranza, la sua tenacia. Era un uomo rivoluzionario, a modo suo; ma nel suo mondo non fu capito; o fu male inteso; o forse i farisei filoamericani e gli scribi democristiani si servirono dei barabba rossi per levarsi di torno un avversario interno più intelligente  e più capace di loro. In fondo me n’ero andato dall’Italia per non pensare alla politica, perché mi sarei dovuto sbattere su quella notizia?

https://www.hoepli.it/libro/la-terza-via-un-uomo-un-viaggio-tre-strade/9788833812366.html

domenica 28 marzo 2021

Scetinsardu




Custu libru esti stettiu fattu pighendi totu su chi happu pubblicau in su blog Scétinsardu me is urtimus dex’annus (immui su blog non c’esti prusu poita Tiscali hadi serrau is blog). Scétinsardu obiada essiri una ventana incarada in su mundu de su Web; is passantisi de su Web chi si bolianti incarai a bì ita c’esti aintru de custa ventana, fianta beni benìusu!

Sa domu de “Scetinsardu”, cumenti du nàrada su nomini ‘e totu, e’ sa domu de unu Sardu chi ghèttada a su Web unu zerriu, una boxi, unu disigiu chi bolidi essiri unu sprigu de un’anima sarda chi creidi in s’abisongiu de iscriri in sardu, calisisiadi, campidanesu o logudoresu, nugoresu o gadduresu, no teniri importanzia. Sa matta de sa limba sarda esti una matta de raixisi multiplasa.
Su libru si divididi in cuatru partis: sa prima arriportada ottu contus; sa segunda teidi binticuattru poesias (unas cantu funti stettias arregotasa de mei in bidd’e Sorris, andendi a intervistai i’ beccixeddus de intzaras; una esti de su grandi poeta e archeologu Pietrino Arixi; is atrasa funti totu mias). Sa terza parti arriportada opinionis, curiosidades e dicius; s’urtima infinisi, est unu tentatitvu de abotzai una gramatica sarda e teidi unu vocabolarieddu cun fueddus antigusu.