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Così
dicendo si mise a esaminare ciò che Santiago aveva estratto dal cassetto. Nel frattempo il commissario rovistò negli
altri cassetti del comò.
«A
meno che…» disse Luisa mano a mano che si rendeva
conto che la sua cernita e quella del commissario non avrebbero sortito alcun
risultato.
«A
meno che non se la sia portata via l’assassino!»
completò il commissario, anticipandola.
«Quello
vero!»
precisò l’avvocato. Nel suo viso, adesso, l’incredulità aveva lasciato il posto
a una certa soddisfazione. Alla sua tesi stavano arrivando conferme,
scagionando definitivamente, se ancora ce ne fosse stato bisogno, il suo
assistito anche agli occhi del commissario
«Per
scrupolo io cercherei meglio. Magari la chiave è stata riposta dalla stessa
vittima in un altro posto…magari anche nella tasca di una vestaglia. Che ne
dici di rovistare insieme tutto l’appartamento?»
«Dico
che va bene! Ma chissà perché io penso che non troveremo niente!»
Dopo
un’ora abbondante la loro ricerca certosina non aveva dato alcun esito.
L’intuito dell’avvocato aveva visto giusto. Qualcuno aveva preso la chiave
della cassaforte, portando via anche tutto il contenuto, oltre la carta del
bancomat e i soldi. E questo qualcuno poteva essere soltanto il fantomatico
assassino senza volto.
«Ma
come avrà fatto?» chiese Luisa come
interrogando se stessa. «C’erano i Carabinieri,
qui, in casa. Possibile che l’assassino avesse già svuotato la cassaforte quando
sono arrivati i Carabinieri? E se aveva già svuotato la cassaforte cosa faceva
lì in cucina, dove è stato trovato il corpo della signora Emma?»
«Vieni,
andiamo su in mansarda. Io un’idea ce l’avrei!»
disse il commissario avviandosi verso la ripida scala in legno che portava in
mansarda.
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