«Che tipo è questo nipote?»
chiese invece all’avvocato.
«Mah! In questo frangente non saprei
davvero definirlo bene. È molto spaventato, oltre che dispiaciuto per il
brutale assassino di una persona alla quale era sinceramente legato, che gli
voleva bene e che perfino lo sovvenzionava generosamente, in cambio dell’aiuto
disinteressato che lui le prestava con entusiasmo e con sincero affetto.»
L’avvocato fece una breve pausa, ma si intuiva chiaramente
il suo desiderio di continuare a
parlare, quantunque non sapesse bene cosa dire.
«Posso dirti una cosa strettamente
riservata!»
Il commissario si sentì prudere il naso. Questo
succedeva quando nell’aria c’era una notizia su cui esercitare la massima
dell’attenzione. O perché era in vista un inganno, oppure perché stava per
venire a conoscenza di qualcosa di importante. Era il suo naso da sbirro a
suggerirglielo e il suo naso difficilmente sbagliava.
«Certo, parla liberamente!»
la incoraggiò il commissario, continuando a guidare.
«Io te la dico, ma devi promettermi che non
la userai mai contro il mio assistito, qualunque cosa accada!»
ribadì ancora l’avvocato Levi.
Anche lei aveva un alto senso del segreto
professionale e forse, in fondo si era già pentita di avere fatto l’offerta. Ma
ormai sembrava tardi per tornare indietro.
Il commissario restò interdetto, tra dubbi e curiosità! L’informazione riservata lo incuriosiva, e poi poteva essere utile per le sue indagini. Come privarsene? D’altro canto, però, non sarebbe mai venuto meno ai suoi doveri di sbirro, su questo non aveva dubbi. Credeva nel suo lavoro sino in fondo e non lo
avrebbe mai disatteso. Risolse pensando che quell’avvocato, quel diavolo in gonnella, non gli avrebbe
mai rivelato un segreto che potesse danneggiare il suo assistito, che oltretutto, a parere suo, nonostante le osservazioni capziose dell’ispettore Zuddas, era completamente innocente. Decise di fidarsi e dopo essersi passato una mano sul naso che gli prudeva rispose di sì, che non avrebbe mai usato quella confidenza contro il suo assistito.
«Promessa di sbirro?»
ribadì ancora l’avvocato, a metà tra il serio e il faceto, sapendo bene come il
commissario fosse fiero e orgoglioso di essere un poliziotto con una parola
ferma e fidata.
«Parola di sbirro!»
le confermò porgendole l’indice della mano destra per sigillare la promessa.
L’avvocato strinse forte l’indice con il suo.
«Il mio assistito mi ha confidato che la
zia lo aveva nominato erede universale con un testamento!» aggiunse
subito.
Questa sì che è una notizia bomba, pensò il
commissario.
«Meno male che gli avventori del bar di
Tonio non lo sanno! Altrimenti scoppierebbe una mezza rivoluzione!»
celiò invece, cercando di sminuire l’effetto che aveva prodotto su di lui quella
notizia.
«Chi sono questi avventori e che cos’è
questa storia della rivoluzione?»
chiese l’avvocato divertita, ma con un tono lievemente preoccupato.
«Niente, niente!»
disse il commissario ancora ridendo. «Non
ti ho mai raccontato dei commenti che sento al bar dove faccio colazione al
mattino?»
«Sì! Ma sicuramente non con riferimento a
questo caso» disse l’avvocato, sempre in tono
semiserio.
«Niente di cui tu ti debba preoccupare,
cara Luisa, dico davvero!» la tranquillizzò il
commissario. «Piuttosto, sai per caso se quel testamento
è custodito in una cassaforte a muro, dietro un quadro della sacra famiglia,
nel salottino della casa della defunta signora Pirastu?»
«Diavolo d’uno sbirro! Come hai fatto a
indovinare?!» esclamò sorpresa l’avvocato, con un accento
di ammirazione nella voce!
«Be’, non ci voleva poi molto!»
si schermì il commissario, comunque lusingato dall’ammirazione della sua compagna
di viaggio.
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